Spaesamento e derealizzazione
Siamo vissuti da due intelligenze, coordinabili, ma non sempre coordinate, quella capace di ragione e concetti e quella che si manifesta col sentire emozioni e sentimenti.
Quante volte, in circostanze in cui “ne andava”, ci è accaduto di sentire con cuore e pancia, ma di non capire con l’intelletto il significato di quanto veniva direttamente ed intensamente avvertito con le viscere?
Heidegger ha analizzato ed esposto con estrema lucidità un fatto nuovo e cruciale in filosofia, ovvero il valore sapienziale del sentire.
Cosa significhi davvero “essere” lo si coglie solo sentendosi essere.
Heidegger stesso si aprì a ciò attraverso un’esperienza che aveva il niente come ruolo centrale.
Naturalmente il niente non esiste, ma proprio perciò sappiamo che qualcosa esiste.
Si impone così una “differenza”.
Colto ciò, Heidegger, per tutta la vita non scrisse d’altro.
La prima differenza – tra niente ed ente – prese il tono della differenza tra essere ed ente e poi quella dell’ “Evento”, Ereignis.
Ma ciò è secondario per quanto voglio dire qui.
Un sentire che può improvvisamente incendiarsi nei toni del più profondo stupore, rivela che il fatto d’essere – e non non essere – non è affatto scontato.
Tale improvvisa fiammata sa di stupore, stranimento, assurdità, senso del “monstrum” (evento impossibile che però si attua), incapacitazione, meraviglia..
Senza la rivelazione attraverso una tale esperienza non si può compiutamente sapere di esserci.
Per quanto si studi, si scriva o si insegni, per quanti titoli e riconoscimenti e fama si possa accumulare, se non si è vissuta quella esperienza, dell’essere, in senso autentico e profondo, non si sa NULLA.
Ed ecco il problema.
A qualcuno accade d’un tratto di vivere, inaspettatamente e molto intensamente, le voci emotive dell’essere e del niente – cioè della inaudita e incapacitabile differenza tra i due.
Tali voci si danno attraverso potenti sapori di spaesamento, stranimento, derealizzazione e impossibilità di collocazione nel mondo così come conosciuto fino ad un attimo prima.
Coloro a cui accade si spaventano a morte.
Infatti, tali eventi vengono denominati “crisi di panico” e, a causa della sofferenza che essi causano, sono trattati in sede clinica.
In occidente, a parte Heidegger, Sartre e Lacan, non mi vengono in mente intellettuali che ne abbiano disquisito.
Più frequentemente sono stati la spinta ispirata di pittori e letterati.
Il problema di cui dicevo sta proprio qui: non esistendo un terreno culturale che sappia riconoscere e valorizzare tali risvegli attraverso il sentire, essi sono interpretati come meri disturbi.
Tutti e tre i figli miei e di Beatrice hanno vissuto tali eventi fin da bimbi.
Avendo trovato in noi degli educatori che non si inquietavano di ciò, hanno potuto integrarli e riconoscerli sempre meglio, via via che gli anni passavano, come doni preziosi per la loro crescita interiore.
So, però, di diverse persone che soffrono alla sola idea di rivivere quei momenti; frequentano psicoterapeuti e assumono farmaci.
Io ho vissuto quelle crisi – una davvero davvero potente (ne scrissi in un racconto postato qui tempo fa) – ma ero già sul Sentiero.
Fu un terribile e grandioso dono che consolidò la mia consapevolezza d’essere – e per questo continuo a ringraziare.
Sappiate – mi rivolgo a chi ne patisce – che in realtà siete degli eletti.
Dovete solo iniziare ad entrare in quella cultura che capisce ed apprezza tutto ciò: il Buddhismo.
Un “ciò” che lo Zen chiama Satori – illuminazione.
Satori significa capire DAVVERO profondamente.
Riflettendo sul tema, prima di mettermi qui a scrivere, sorridevo al pensiero che qui in occidente moltissime persone lottano per non farsi venire tali “crisi”, mentre per oltre duemila anni, il buddhismo si è chiesto come suscitarli..
Un abbraccio a tutti voi che ne patite.
Sappiate che qualcuno vi comprende molto bene e che vi augura di trovare chi vi accompagni competentemente verso i significati autentici di queste voci.
In fondo vi aspetta una pace oltre umana.