Dal 31 marzo al 1 aprile 2012 a Bologna
Temi delle giornate
Lezione I: La coscienza e l’autoreferenza radicale
La questione dell’esperienza cosciente esce completamente dall’ordinario. Essa mette direttamente in gioco colui che pone la domanda, nel momento esatto in cui la pone. Tale forma di autoreferenzialità, chiamata «radicale», sarà distinta dall’autoreferenza semplice delle proposizioni o dei testi.
Ma è quindi possibile parlare della coscienza? Saranno esaminate le principali caratteristiche del linguaggio, e si verificherà che esse sono incompatibili con un discorso diretto a proposito della coscienza; cercheremo allora di caratterizzare un nuovo genere d’atto linguistico, che capovolge quello del discorso diretto, e che permette non di parlare della coscienza, ma di rinviarvi/reindirizzarvi colui che ascolta la parola, di permettere la sua autorealizzazione.
Queste semplici osservazioni bastano a compiere una reductio ad absurdum del riduzionismo, mostrando che la coscienza non può essere l’oggetto di alcun discorso e di alcuna teoria, ma solamente la loro sorgente situata. Eppure non è affatto il caso di fermarsi a questa constatazione negativa. Sono state formulate alcune teorie neurologiche della coscienza: qual è il loro senso, se la coscienza non può veramente essere il loro oggetto?
Lezione II: Le teorie neurologiche della coscienza: cosa spiegano?
Le teorie neurologiche della coscienza saranno dapprima classificate secondo la principale funzione della coscienza della quale esse tentano di rendere conto: riflessività, o unificazione delle rappresentazioni. Mostreremo che ciascuna di queste teorie ha una capacità di guidare la valutazione clinica dei pazienti in stato vegetativo o sotto anestesia generale; esse permettono anche di spiegare la presenza o l’assenza d’esperienza cosciente nei casi di rivalità binoculare, di cecità attenzionale e di molte altre situazioni sperimentali. Malgrado ciò, esse non forniscono nemmeno l’ombra di una risposta al «problema difficile (hard problem)» dell’origine fisica della coscienza. Questo problema sarebbe dunque semplicemente mal posto? Non bisognerebbe piuttosto attenersi ai «problemi facili» affrontati con successo dalle teorie neurologiche? Ma tali problemi facili sollevano anch’essi difficili questioni di principio: del resto, possiamo forse identificare con certezza i «correlati neurologici della coscienza»?
Lezione III: Il senso della correlazione fra neurologia e contenuti di coscienza: il chiasmo neuro-esperienziale
Il ragionamento materialista più elementare si sviluppa così: le lesioni o le stimolazioni di alcune parti del cervello alterano i contenuti di coscienza riportati dai pazienti. Di conseguenza i processi neuronali sono la causa della coscienza in tutte le dimensioni.
Mostreremo, facendo appello alla filosofia di Kant, che le condizioni epistemologiche che permettono di applicare lo schema della causalità in questo caso non sono soddisfatte. Il ragionamento precedente è dunque invalidato. Ma, allora, come comprendere il fatto della correlazione fra gli eventi neurologici e i contenuti di coscienza, se la causalità non può essere invocata?
Reinterpreteremo questo fatto nel quadro della filosofia di Maurice Merleau-Ponty, in quanto rapporto di significato all’interno del chiasmo del conoscente e del conosciuto.
Lezione IV: Coscienza e fisica quantistica
Ci sono due modi opposti di comprendere la possibile connessione fra la coscienza e il problema della misura (o problema del «gatto di Schrödinger») in meccanica quantistica: alcuni autori (Eugen Wigner) considerano che la coscienza sia la causa della riduzione del vettore di stato; altri autori (Roger Penrose), al contrario, fanno della riduzione del vettore di stato la base fisica della coscienza. Dopo aver esaminato queste concezioni in modo critico, ci si interrogherà sulle loro radici filosofiche; ci si accorgerà allora che esse risultano naturalmente da una reificazione del carattere situato dell’esperienza in prima persona. E’ impossibile ignorare l’essere-situati degli sperimentatori, se si vuole risolvere il problema del gatto di Schrödinger (nemmeno le teorie della decoerenza o l’interpretazione di Everett possono farne a meno).
Concluderemo su un paradosso della conoscenza. Poiché la neurobiologia sembra incapace di risolvere il «problema difficile» dell’origine della coscienza, alcuni autori (Roger Penrose) hanno pensato che la fisica debba essere più atta ad offrirne una soluzione. Ma la fisica stessa fa discretamente intervenire l’essere-situato, reificato in una pseudo-entità «coscienza», per risolvere i propri problemi d’interpretazione. L’intero sistema delle conoscenze sarebbe dunque un circolo? O forse esso ha dimenticato la propria origine vissuta?
Biografia
Michel Bitbol è attualmente Direttore di ricerca al Centro Nazionale della Ricerca Scientifica a Parigi, Francia. Lavora al Centro di Ricerca in Epistemiologia Applicata (CREA-Politecnico), a Parigi. Insegna Filosofia della Fisica Moderna per la scuola di dottorato all’università della Sorbona di Parigi. Ha studiato in varie università parigine, dove ha conseguito la laurea nel 1980, il dottorato di ricerca nel 1985 e l’abilitazione all’insegnamento della Filosofia nel 1997.
Ha lavorato come scienziato ricercatore dal 1978 al 1990, specializzandosi prima in idrodinamica del flusso sanguigno nelle arterie e, poi, nella microstruttura delle membrane dei globuli rossi con tecniche EPR e NMR. Da 1990 è passato alla filosofia della fisica quantistica. Ha atteso alla pubblicazione di testi di filosofia generale di meccanica quantistica di Erwin Schrödinger e ha pubblicato il libro Schrödinger’s Philosophy of Quantum Mechanics (Kluwer, 1996). Ha anche pubblicato due libri in francese sulla meccanica quantistica e sul realismo in scienza, rispettivamente nel 1996 e nel 1998.
Più recentemente si è focalizzato sulla relazione tra filosofia della meccanica quantistica e filosofia della mente. Ha pubblicato un libro in francese sull’argomento e ha lavorato a stretto contatto con Francisco Varela. Nel 1997 ha ricevuto un premio da parte dell’Accademia delle scienze morali e politiche per il suo studio sulla meccanica quantistica.
Attualmente sta studiando Sanscrito per comprendere più profondamente i testi basilari dei filosofi buddhisti Nagarjuna e Chandrakirti, per un nuovo progetto filosofico sul concetto di relazione in fisica e nella teoria della conoscenza.
Opere
- Mécanique quantique, une introduction philosophique, Champs-Flammarion, 1997
- L’aveuglante proximité du réel, Champs-Flammarion, 1998.
- Physique et Philosophie de l’Esprit, Champs-Flammarion, 2005.
- Schrödinger’s Philosophy of Quantum Mechanics, Kluwer, 1996