Ne abbiamo avuto l’esperienza ma ci è sfuggito il significato
E avvicinarci al significato ci restituisce l’esperienza
In una forma differente, al di là di ogni significato.
(T.S. Eliot, da Quattro Quartetti)
Phi.mind 6. Il cervello cinese di John Searle. Una convivenza forzata tra materialismo e qualia, con domanda finale
John Searle, illustre filosofo della mente americano, propone una convivenza – temporanea – tra neuroscienze oggettive e coscienza soggettiva non-riducibile. Come è possibile far stare sotto lo stesso tetto due concezioni così apparentemente opposte? Semplicemente assumendo che tutte e due hanno ragione di principio: è un fatto scientifico che la coscienza è un’emergenza del cervello, ed è un fatto soggettivo evidente che la coscienza in prima persona è reale e non riducibile alla terza persona.
Coerentemente con il primo assunto, Searle ripete continuamente, come un mantra, la sua adesione al materialismo secondo cui il cervello è necessario e sufficiente per produrre coscienza: «La coscienza è un processo biologico come la digestione e la fotosintesi»[1], il cervello è necessario e sufficiente per produrre coscienza. Ed è ovviamente contro ogni tipo di dualismo, sia di sostanze (anima e corpo, come in Cartesio) che di proprietà (un cervello con proprietà fisiche e mentali, come vedremo propone Donald Davidson):
«Il dualismo è divenuto un ostacolo perché sembra porre la coscienza ed altri fenomeni mentali al di fuori del mondo fisico ordinario, e quindi al di fuori del dominio delle scienze naturali. Ritengo sia necessario abbandonare il dualismo ed assumere che la coscienza è un fenomeno biologico paragonabile alla crescita, alla digestione ed alla secrezione di bile. […] Il cervello è un organo come gli altri, una macchina organica.»[2]
Nello stesso tempo, Searle si oppone alla riduzione dei qualia sentiti a attività nervose in terza persona. Per lui la coscienza è una proprietà reale, non fisica e non oggettiva, le cui caratteristiche sono appunto la sensibilità ai qualia e… il capire significati.
Se trasferiamo questo argomento anti-riduzionista dal campo dei significati a quello dei qualia, è evidente che Searle nega che si possa ridurre il ‘far esperienza’ di una sensazione a un processo logico. Ma la non-riducibilità alla logica apre per Searle alla possibilità della riducibilità ai neuroni. Il ‘computer cinese’ non può sviluppare una mente capace di comprendere significati, ma per Searle i significati sono reducibili; semplicemente il computer non può capirli perché – con le tecnologie attualmente disponibili – non è costruito del ‘materiale giusto’. È solo il ‘cervello cinese’ (o di chi parla cinese) che è fatto di quel materiale ‘giusto’.
Allo stesso modo, relativamente ai qualia, Searle riafferma la sua fiducia nel potere esplicativo degli stati cerebrali, affermando che la duplicità tra sensazione e stato cerebrale è solo temporanea, perché sicuramente coscienza e cervello sono due livelli di descrizione della medesima realtà: che alla fine si dimostrerà essere il cervello, quella ‘materia giusta’ capace di originare mente. Il cervello cinese capisce i significati e ‘sente’ i qualia.
Più che una tranquilla convivenza, quella di materialismo e coscienza sembra dunque una relazione forzata tra due caratteri opposti ma che l’amore di Searle – diviso tra esperienza e cervello – si impegna per tenere insieme. L’anello per suggellare l’unione è il concetto di “emergenza”: da un livello nervoso di elevatissima complessità emerge un livello mentale per il momento ancora irriducibile. Non per un misterioso limite intrinseco, ma solo a causa delle nostre pratiche definitorie: un giorno le neuroscienze, con una nuova idea saranno in grado di ridurre qualia e significati alla loro base fisica[4].
I sostenitori di John Searle sono neuroscienziati molto vicini al suo concetto di “emergenza della coscienza”: Francis Crick, Gerald Edelman, Roger Sperry, Walter Freeman e molti altri. Ad essi però il filosofo non cessa mai di ricordare la non-riducibilità della coscienza. E nel contempo li invita a studiarla: afferma che la coscienza è ancora un mistero ma che deve essere studiata come un problema spiegabile ricercando il modo in cui il cervello la produce.
Una critica ai progetti di riduzione della coscienza a una speciale attività cerebrale è stata sviluppata in altra sede[5]. Basti per ora chiederci: le nuove teorie che Searle auspica, ci avvicineranno alla reale natura di noi stessi e del nostro sentire, o saranno solo descrizioni a posteriori della coscienza e dei qualia in atto?
Riferimenti bibliografici
[1] Searle J. (1994), La riscoperta della mente, Bollati Boringhieri, Torino, p.134
[2] Searle J. (1998), Il mistero della coscienza, Raffaello Cortina, Milano, pp.4-14.
[3] Searle J. (1980), Menti, cervelli e Programmi, in Dennet D. e Hofstadter D. R. (a cura di) L’io della mente, Adelphi, Milano 1985, pp. 341-360.
[4] Searle, 1994, pag.133-139.
[5] Bertossa F., Ferrari R., (2005), Lo sguardo senza occhio. Esperimenti sulla mente cosciente tra scienza e meditazione, Ed. Alboversorio, Milano.
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