Ne abbiamo avuto l’esperienza ma ci è sfuggito il significato
E avvicinarci al significato ci restituisce l’esperienza
In una forma differente, al di là di ogni significato.

(T.S. Eliot, da Quattro Quartetti)

 

Phi.mind 4. Filosofi in trincea. Gli esperimenti mentali dei Misteriani tra i pipistrelli e lo strano caso della neurofisiologa Mary.

Pare che il nome di un gruppo rock degli anni Sessanta, Question mark and the Misterians, abbia ispirato il filosofo materialista Owen Flanagan[1] a chiamare col nome di ‘Misteriani’ un piccolo gruppo di filosofi che sostengono in modo strenuo la totale non-riducibilità della coscienza. La loro strategia pone in primo piano il problema dei qualia per affermare che la coscienza fenomenica rimarrà per sempre un mistero. La posizione dei Misteriani è radicale e deve essere ben argomentata per risultare convincente; e questo non sempre succede. Per esporre il loro pensiero hanno costruito una trincea di esperimenti mentali – si tratta di storielle congegnate ad arte per mettere in evidenza un argomento filosofico -particolarmente intriganti.

Thomas NagelThomas Nagel è il leader storico di questo gruppo, fin da quando negli anni Settanta scrisse uno storico articolo intitolato Cosa si prova ad essere un pipistrello?[2]. Possiamo trasformare l’argomento di Nagel in un esperimento mentale immaginando un ragazzo con la passione per i pipistrelli; frequenta i migliori corsi universitari di zoologia e arriva a scoprire tutti i dettagli della percezione nervosa del sonar che guida il volo cieco di questi mammiferi. Ma non si accontenta: vuole sapere ‘che effetto fa’ ad un pipistrello vivere in un mondo di forme sonore. Si costruisce e innesta nel suo cervello un apparecchio da eco-rilevamento portatile, vola bendato di notte su un deltaplano, acchiappa insetti con la bocca; tuttavia, masticando una falena, ‘prova’ solo un senso di fastidio, che lo avverte che ancora non ha avuto accesso ai qualia del pipistrello. In un secondo tentativo cerca di connettere il suo cervello con la registrazione dei tracciati MEG (che misurano le correnti magnetiche associate alla attività cerebrale) del cervello di un pipistrello, per riviverne i qualia; ma scopre solo che sta facendo non l’esperienza del pipistrello, bensì quella di un uomo collegato alle sensazioni di un pipistrello[3]. Considera allora di sottoporsi a un processo biotecnologico di incrocio del suo DNA con quello del pipistrello, ma fortunatamente prima di farlo realizza che non sarebbe più lui a vivere l’esperienza dei qualia, ma un suo clone/gemello geneticamente modificato.

Questo argomento della inaccessibilità degli stati fenomenici altrui mostra che avere l’informazione della neurofisiologia dei qualia non è sufficiente a realizzare i qualia. Per questo Nagel avanza grossi dubbi sulla possibilità di conoscere un giorno i qualia dal punto di vista scientifico, per due fatti: non sappiamo come fare a studiare la coscienza in altri (ci scontriamo con un limite che non ci permette di sapere pressoché nulla di cosa vive un’altra persona); non sappiamo come rendere conto oggettivamente neppure dei qualia della nostra stessa coscienza. Con le sue parole:

«Le ragioni contro una teoria puramente fisica della coscienza sono abbastanza forti da fare apparire probabile che una teoria fisica di tutta la realtà sia impossibile. La scienza fisica ha progredito lasciando la mente fuori da ciò che cerca di spiegare, ma può esservi di più nel mondo di quanto la scienza fisica possa comprendere.»[4]

Per quanto riguarda la possibilità di indagare la coscienza, lascia aperto uno spiraglio al fatto che la filosofia possa scoprire un modo di colmare questo mistero, ma non spiega come: Nagel conclude con un onesto ‘non so’.

Frank JacksonUn secondo esperimento mentale che pone in luce la non-riducibilità dei qualia è del filosofo Frank Jackson[5] e riguarda una ipotetica neurofisiologa di nome Mary. In un futuro, Mary è la più grande esperta mondiale di visione dei colori: conosce ogni dettaglio neurale della percezione di colori, ma è costretta a vivere in una stanza in bianco e nero e non ne ha mai visto uno. Finalmente un giorno Mary riesce ad uscire dalla stanza e vede il mondo dei colori – vede il rosso! Pur sapendo già da prima quello che succede ai suoi neuroni, in realtà fa un’esperienza totalmente diversa, nuova, che non era inclusa nella conoscenza neurologica. Realizza, con sorpresa e stupore, ‘quel che si prova a…’ vedere il rosso.

Questo evidenzia come i qualia di ‘rosso’ non siano contenuti nella conoscenza dettagliata dell’attività celebrale. Qui è interessante ricordare come altri filosofi su posizioni più ‘eliminativiste’ – ovvero che tendono ad eliminare la c0scienza fenomenica dal campo dei fatti reali – reagiscono a questo argomento: Daniel Dennett critica l’esperimento mentale della neurofisiologa Mary nel modo che gli è tipico, negando che ci sia ogni sorpresa; infatti se Mary sa davvero tutto sul cervello, sa quando i neuroni le si configureranno sulla percezione del ‘rosso’ e quando si attiveranno per dare ‘sorpresa’; per cui se sente rosso e sorpresa… non li sente! Ne ha solo l’informazione e la reazione prevista[6].
Di avviso completamente diverso è Jackson, che nega ogni possibilità di spiegare la coscienza e gli oggetti che essa vive – qualia e pensieri – perchè la conoscenza di una esperienza di ‘rosso’ non è comunicabile in modo oggettivo, non può diventare scienza. A fianco a questo interessante argomento Jackson mostra di avere le idee meno chiare quando argomenta che il motivo per cui non arriveremo mai a conoscere la coscienza è la scarsa ‘utilità adattativa’ che questa conoscenza ha per noi.

Colin McGinnUn terzo filosofo misteriano è Colin Mc Ginn. Afferma che noi possiamo farci la domanda sulla coscienza, ma che non avremo mai la possibilità di rispondervi (ovviamente Daniel Dennet, che odia cordialmente tutti i Misteriani, si pone in netto contrasto a questa posizione affermando che, se possiamo farci la domanda, deve esserci una risposta da qualche parte). Per Mc Ginn è impossibile per noi conoscere la coscienza a causa di limiti cognitivi interni all’uomo, simili a quelli che impediscono a un topo di capire la teoria della relatività.

Il Misterianesimo ha un certo seguito, sia da parte di linguisti come Noam Chomsky[7] sia di neuroscienziati come Stephen Pinker[8]. Anche il filosofo Peter Bieri[9] ammette che sarebbe la conclusione più giusta: probabilmente non abbiamo i concetti adeguati e non abbiamo neppure idea di che tipo di comprensione ci soddisferebbe. Inoltre non riusciamo neppure a capire perché non possiamo capire; e se mai in futuro un essere superiore capisse cosa è la coscienza forse non riuscirebbe a comunicarci di che si tratta.

In generale, i limiti che i Misteriani pongono alla conoscenza della coscienza sono da approfondire meglio, e li riprenderemo. Certamente le ipotesi evolutive di Jackson e Mc Ginn sono congetture non verificabili; più interessanti sono gli argomenti di principio come quello del pipistrello e della neurofisiologa Mary, che si possono sviluppare con un ampio esame dei limiti della conoscenza oggettiva[10]: la scienza studia oggetti e relazioni tra oggetti (comportamenti, funzioni logiche astratte, neuroni) e non ha strumenti per indagare la coscienza in termini di non-oggetto.

Allora una scienza della coscienza è impossibile? Sono in molti a non pensarla così.

 

Riferimenti bibliografici
[1] Flanagan O. (1991), The science of mind, MIT Press, Boston.
[2] Nagel T. (1974), Che cosa si prova ad essere un pipistrello?, in Dennett D. e Hofstadter D. R. (a cura di) L’io della mente, Adelphi, Milano 1985, pp. 379-391.
[3] Confronta film Strange Days.
[4] Nagel T. (1988), Uno sguardo da nessun luogo, Il Saggiatore, Milano 1988, p. 46.
[5] Jackson F. (1982), Epiphenomenal Qualia, in “Philosophical Quarterly”, n.32 pp.127-136.
[6] Dennett D., (1993) Coscienza: che cosa è, Rizzoli, Milano, pp.443-446.
[7] Horgan J. (2001), La mente inviolata. Una sfida per la psicologia e le neuroscienze, Raffaello Cortina, Milano, pp. 290-293
[8] Pinker S. (1997), Come funziona la mente, Mondadori, Milano 2000.
[9] Bieri P. (1996), Il cervello e la coscienza, in Filosofia della Mente, Le Scienze Quaderni, n. 91, p.82-89.
[10] Nagel T. (1999), L’ultima parola. Contro il relativismo, Feltrinelli, Milano.

 

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