Ne abbiamo avuto l’esperienza ma ci è sfuggito il significato
E avvicinarci al significato ci restituisce l’esperienza
In una forma differente, al di là di ogni significato.
(T.E. Eliott, da Quattro Quartetti)
Phi.mind 18. Ancora Neurofenomenologia in teoria: la messa-in-scena ricorsiva dei qualia
Le due prospettive di cui si occupa la neurofenomenologia – esperienza cosciente e dati delle neuroscienze – sono definite come della 1ª persona e della 3ª persona. Secondo Francisco Varela e Michel Bitbol, essi sono legati uno all’altro da un vincolo reciproco, un rapporto intimo e circolare:
– la struttura cerebrale (e il ‘mondo’ in cui si trova) determina l’esperienza e il comportamento;
– l’esperienza e il comportamento determinano la struttura cerebrale e il mondo.
Nei loro scritti teorici, i due neurofenomenologi sottolineano soprattutto l’aspetto generativo della circolarità1: essa indica una co-determinazione immediata e costitutiva della realtà che non è eliminabile in favore di un punto di vista sostanziale e definitivo; per questo diventa necessario sistematizzare in modo preciso i “vincoli reciproci” di co-determinazione tra esperienza e processi neurali2.
Questo quadro teorico cambia non solo il modo di vedere la mente cosciente, ma anche quello di intendere il mondo materiale, gli eventi, l’identità, compresi i qualia. Infatti per la neurofenomenologia non esiste un mondo dato o una individualità data, che si riflettono dentro di noi come qualia. Al contrario, ‘mondo’ e ‘io’ sono immagini fittizie “messe in scena” (enacted) dalla continua co-determinazione di esperienza fenomenica e contesto biologico e culturale3. Il ‘giallo’ e il quale ‘ciò che provo nel vedere il giallo’ non sono fatti in sé, ma il frutto di un insieme di fattori inter-dipendenti esperiti che danno la ‘giallità’ (percettiva ed emotiva); sono fenomeni che se visti da molto vicino e se messi a fuoco massimamente, sfuggono in un roteare di relazioni ricorsive.
Questa è la dimensione che Franco Bertossa ha definito “monismo bipolare”4: la co-esistenza e co-produzione del polo soggettivo (sentire e sapere esperito) e del polo oggettivo (dati neurali e anche quei sottilissimi “oggetti mentali fenomenici” che sono i qualia).
La novità della neurofenomenologia sta nel radicarsi nell’esperienza in atto senza chiudersi in un idealismo, ma aprendosi ai dati invarianti dello ‘sfondo neutro’ che anche la scienza instancabilmente indaga. Nel contempo essa critica alle neuroscienze il fatto di rappresentare spesso – per loro natura -quei dati in modo astratto, funzionale, disincarnato e senza sentire: esse proiettano una ontologia (dicendo ‘cosa è’ la coscienza) che nasce solo dal metodo di oggettivazione.
Infine la neurofenomenologia prende davvero sul serio la propettiva per cui ogni descrizione nasce dal nostro essere-nel-mondo. Bitbol chiama questa caratteristica “situatità”5, l’esser situati in un mondo che caratterizza ogni atto di conoscenza, senza dimenticare che il mondo del conoscitore salta fuori dalle possibilità di conoscenza dello stesso. Ciò significa che la stessa impostazione non-ontologica ha alla base una circolarità di tipo epistemologico (relativa alla conoscenza):
1) il nostro modo di essere-situati-nel-mondo e di studiarlo determina ciò che possiamo dirne e descriverne (conoscenza);
2) reciprocamente le descrizioni sono ciò che determina il modo di studiare e di abitare il mondo (essere-nel-mondo).
1) e 2) sono eventi co-generati e quindi non si possono fissare né descrizioni di qualia, né stili statici di ricerca: la conoscenza è interdipendente alla propria crescita. Come diceva Varela: “…è un sentiero che si traccia ad ogni passo”.
In conclusione possiamo restare con tre fatti primari:
– che il ‘mondo’ è così perché ‘noi’ sentiamo e ci muoviamo così;
– che ‘noi’ siamo così perché il ‘mondo’ ci fronteggia così, ci porta a movimenti e sensazioni così;
– che tutto quello che possiamo dire sul mondo lo diciamo dal nostro essere-nel-mondo.
Che cosa tutto questo significhi in pratica, per il modo di lavorare di chi studia il sentire cosciente, è il tema del prossimo appuntamento. Vedremo che la neurofenomenologia ha rinunciato alla ontologia in favore di un approccio epistemologico e metodologico, mettendo a punto nuovi metodi di indagine che attingono alle pratiche sia di ‘messa tra parentesi’ della fenomenologia occidentale, sia di meditazione delle tradizioni asiatiche in generale e del buddismo in particolare.
Riferimenti bibliografici
1 La circolarità può essere analizzata anche per evidenziare il limite della conoscenza oggettiva (di ‘struttura cerebrale’ e ‘mondo’) , evidenziando come questa non possa assorbire in sé il dato fenomenico (‘esperienza’) perché quest’ultimo non è il prodotto del processo oggettivo ma un elemento ineliminabile di co-determinazione. Pertanto un riduzionismo che pretenda di conoscere oggettivamente la coscienza ‘dall’esterno’ finirà per rimbalzare da una interpretazione all’altra senza accedere mai ad una autentica conoscenza di noi stessi. Come scrisse Erwin Schoedinger: “Non possiamo descrivere la nostra mente perché essa è l’atto di descrivere”. Questa linea di ricerca è sviluppata in: Bertossa F., Ferrari R., Besa M. (2004), Matrici senza uscita. Circolarità della conoscenza oggettiva e prospettiva buddhista, in Dentro la matrice AA.VV., a cura di Cappuccio M., Ed. Alboversorio, Milano, pp. 117-128.
2 Bitbol M. (2006), Une science de la conscience équitable. L’actualité de la neurophénomenologie de Francisco Varela, in “Intellectica”, 2006/1, 43, pp.135-157.
3 Non usiamo il termine ‘emergenti’ ma “messi in scena” (enacted) perché Varela ha introdotto questo termine proprio per sottolineare come rispetto alle teoria dell’emergenza la sua impostazione (enazione) evidenzi l’importanza decisiva della ricorsività circolare tra i piani, e non il semplice emergere dell’uno dall’altro. Cfr. Ferrari R., Ricardo P., Ferri F. (2006), Menti connettive e produzione di mondi negli Insetti sociali. Un modello per l’esperienza cosciente?, in “Dedalus”, 1, 27-39. http://www.asia.it/adon.pl?act=doc&doc=509
4 Bertossa F., Ferrari R., (2005), Lo sguardo senza occhio. Esperimenti sulla mente cosciente tra scienza e meditazione, Ed. Alboversorio, Milano, p. 169.
5 Bitbol M. (2002), Science as if situation mattered, in “Phenomenology and the Cognitive Science“, 1, 181-224, 2002. Trad. it. a cura di Fabio Negro: Una scienza in cui l’essere situati conta. http://www.asia.it/adon.pl?act=doc&doc=550
Prossime letture:
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- Phi.mind 20/I Filosofi della Mente anti-riduzionisti – Il Sentire sorgivo di Claire Petitmengin e le sensazioni significative
- Phi.mind 21/I Filosofi della Mente anti-riduzionisti – Shaun Gallagher e il saper di sé pre-riflessivo
- Phi.mind 22/I Filosofi della Mente anti-riduzionisti – Il “sentire originario” di James, Peirce e Sartre e una proposta sul significato del sentire originario
- Phi.mind 23/I Filosofi della Mente anti-riduzionisti – Martin Heidegger e le tonalità emotive fondamentali
Precedenti uscite:
- Phi.mind 1/I Filosofi della Mente anti-riduzionisti – Scuola della Filosofia della Mente e scuola della Fenomenologia
- Phi.mind 2/I Filosofi della Mente anti-riduzionisti – Problemi irrisolti della mente: i filosofi anti-riduzionisti e gli sviluppi più recenti
- Phi.mind 3/I Filosofi della Mente anti-riduzionisti – Scienziati anti-riduzionisti nel primo ‘900 e il problema dei qualia
- Phi.mind 4/I Filosofi della Mhttp://www.asia.it/scienza/phi-mind-5/ente anti-riduzionisti – Gli esperimenti mentali dei Misteriani tra i pipistrelli e lo strano caso della neurofisiologa Mary
- Phi.mind 5/I Filosofi della Mente anti-riduzionisti – I limiti delle spiegazioni neurologiche e la nascita di nuovi dualismi filo-scientifici
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- Phi.Mind 16/I Filosofi della Mente anti-riduzionisti – Francisco Varela: co-emergenza e crolli del riconoscimento
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