Ne abbiamo avuto l’esperienza ma ci è sfuggito il significato
E avvicinarci al significato ci restituisce l’esperienza
In una forma differente, al di là di ogni significato.
(T.S. Eliot, da Quattro Quartetti)
Phi.mind 10. L’unica natura fondamentale per Max Velmans: l’informazione. E una ipotesi azzardata sui filosofi della mente
Dopo una puntata impegnativa come quella su Chalmers, rilassiamoci con qualche breve appunto su uno studioso della coscienza che come lui è un accanito anti-riduzionista e un sostenitore della natura informazionale della realtà. Max Velmans sostiene che il riduzionismo cerca di fare qualcosa che non può essere fatto, ovvero di trovare la coscienza attraverso metodi che possono rivelare solo le correlazioni della coscienza con il cervello. In base a questo argomento dichiara morto il progetto del riduzionismo[1] e propone una interessante teoria sulla coscienza.
Per Velmans, inglese nel pieno della tradizione della Filosofia della Mente di scuola analitica ma che non nasconde le sue simpatie per Spinoza, il cervello e l’esperienza in prima persona sono due aspetti complementari di una stessa realtà: non c’è alcun oggetto ‘cervello’ separato dall’esperienza che ne facciamo, né alcuna esperienza senza oggetti (non esiste una seconda esperienza fenomenica di ‘cucchiaio’ rappresentata dentro la mia testa, ma ogni esperienza è ‘riflessa’ là dove c’è il cucchiaio). I fenomeni fisici e le sensazioni fenomeniche della coscienza, pur sovrapponendosi in questo modo, non possono ridursi gli uni agli altri. Velmans quindi finisce per identificare coscienza con le sensazioni fenomeniche[2], e le pone come aspetti complementari della realtà fisica.
Questo modello è monista (esiste un’unica sostanza o “natura propria”, così come pensava anche Baruch Spinoza) ma non materialista: prevede che i due aspetti – coscienza e materia – siano rappresentazioni di una unica realtà più fondamentale, che risponde con due modalità diverse a seconda di come l’osservatore la interroga e interpreta; è una posizione di ‘monismo neutro’ che sospende il giudizio sulla reale natura del mondo con un atto di realismo critico, perchè «né le esperienze né le teorie sono le cose reali in sé»[3]; anche se sono descrizioni adeguate e funzionali dell’unica realtà sottostante; un po’ come accade in fisica quantistica, dove il fenomeno luce è un fatto unico che può essere descritta sia come particelle sia come onde in modo egualmente preciso, ma non sovrapponibile.
Qual è questa unica realtà fondamentale? Qui Velmans si rivela vicino al Funzionalismo, perchè intende la “natura propria e unica” come informazione: l’esperienza ha natura informazionale perché parla di qualcosa, e il cervello ha la natura di un processo di elaborazione di informazioni. La sostanza fondamentale di questo monismo non è materiale, ma è comunque un oggetto «che la scienza può descrivere in molti modi differenti»[4].
A nostro parere la proposta di Velmans lascia aperto un problema: se la coscienza e la materia sono due apparenze del solo principio oggettivo, chi li interpreta e a chi appaiono? A una ‘unica sostanza’, a una serie di calcoli di informazioni? È una evidenza diretta che lo sguardo e il sentire della nostra coscienza non è perimetrabile e richiudibile in una sostanza, resta un buco a monte di ogni apparenza, di ogni rappresentazione e di ogni teoria. Allora possiamo azzardare una ipotesi: che forse – proprio perché la ‘coscienza che sente’ esce da ogni possibile teoria – i filosofi della mente ne stiano producendo così tante per neutralizzare questa scomoda e vicinissima evidenza. Per non sconvolgersi troppo dello strano fatto di essere abitati da un punto vivo e senziente di origine dell’esperienza, privo di spiegazione.
Non tutti la pensano così. Vedremo che qualcuno ha ancora voglia di sconvolgersi.
Riferimenti bibliografici
[1] Velmans M. (1998), Goodby to Reductionism, in Hameroff S., Kaszniac A., Scott A. (eds.) Toward a science of consciousness, the second Tucson discussion and debates, MIT Press, Cambridge MA, pp.45-52
[2] Velmans M. (2000), Understanding Consciousness, Routledge Taylor and Francis, London and Philadelphia, p. 6
[3] Velmans M. (2000), p.166
[4] Velmans M. (2000), p. 154
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