Il tema del rapporto tra scienza, etica e mercato, è assai attuale e certamente non risolto, e Green Report (quotidiano di approfondimento sulle tematiche ambientali) ha chiesto a Marcello Cini (docente universitario di fisica, ricercatore e collaboratore del quotidiano “Il manifesto”, Nella foto) un contributo alla riflessione.
Si può considerare neutrale la scienza?
«E’ una visione vecchia di 50 anni fa. Le cose sono estremamente cambiate. Non ha più senso la suddivisione tra scienza e tecnologia, intese la prima come una attività disinteressata e l’altra come applicazione della scienza. Ormai è tutto mescolato tanto che la maggior parte dei premi Nobel brevettano le loro scoperte prima ancora di averle presentate. La scienza non è disinteressata ma anzi fortemente orientata dal mercato a fare le cose più redditizie e più immediate. E molto meno allo studio dei problemi a lunga scadenza, che sono i nodi che stanno venendo al pettine, come la salute dei poveri e i disastri dell’ambiente. Per questi problemi non ci sono mai soldi, o molto pochi. La scienza non è più quella che descrive la Levi Montalcini. Adesso è il mercato e quindi il profitto, l’unico motore e direttore della scienza. Sarebbe bene che riacquistasse la sua autonomia».
E riguardo all’intrinseca eticità della scienza, come la pensa?
«Anche questa è una concezione della scienza che non è più attuale. Dal momento che la scienza è orientata dal mercato, non può essere etica di per sé. L’impresa capitalistica non è etica, segue il profitto. Il mercato non è etico e se la scienza è sempre più schiava del mercato non è più etica.
E dal momento che le novità in campo scientifico riguardano le scienze della vita e della mente, per definizione coinvolgono problemi etici. Non ha più senso quindi un modello di scienza riduzionista, stile novecentesco. Le scienze della complessità, come lo sono la biologia, le neuroscienze, la psicologia hanno norme epistemologiche e deontologiche che non sono riduzioniste. Intrecciano i valori che caratterizzano la vita umana e al società. E bisogna tenerne conto».