“Io urlo la mia domanda all’universo, ma l’universo continua a tacere”
scrive Albert Camus.
L’occidentale vive nelle parole, arriva a dire che è mondo solo ciò che diviene linguaggio. Dopo la prova della propria esistenza attraverso il dubbio (atto di pensiero), Cartesio si chiede: “Cosa sono?”. Si risponde: “Sono una cosa che pensa”. Chi ha esperienza di meditazione sa che la realtà si avvicina piuttosto ad un “sum ergo cogito”: sono qualcosa che può anche pensare.
La meditazione è uno stato di silenzio interiore: “Tenebre luminosissime, silenzio eloquentissimo”.
Si fa esperienza di “Ciò che è”, “Ciò” che non ha bisogno di parole per dire di sé, non di luce per mostrarsi: dice tutto di sé nel silenzio e nelle tenebre. Il silenzio dell’universo è, per il mistico, un urlo insopportabile perché troppo significante.
Non è questione d’opinioni, ma d’esperienza:
“Si ha lo stato di yoga allorché s’acquieta il turbinio mentale. Allora lo spirito ritorna alla propria natura originaria”.
Così ci ha tramandato Patanjali, il grande sapiente dello Yogasutra.
Asana, Za-zen, posture per il silenzio, vie per l’esperienza dello Spirito.
Se il corpo prova disagio, la mente si agita; se la mente si agita, non è possibile il silenzio interiore. Il silenzio si fonda sulla quiete del corpo, la quiete sull’equilibrio. Luogo dell’equilibrio è la colonna vertebrale.
Il silenzio si fonda sull’equilibrio della colonna vertebrale: Asana.
Il silenzio è il luogo della lucida, silenziosa, a-verbale, intro-versione della coscienza: Dhyana.
Quando la coscienza si ripiega, in un muto domandare, su se stessa, può eventuarsi l’intuizione che cambia la vita: la Grande comprensione – Satori.
Puoi scoprire ciò che dà alla vita un indubitabile, sacro, senso.