Il Maestro Tohei suggeriva una semplice tecnica per modificare vizi e atteggiamenti che ci portano problemi: “L’ultima cosa che fai, prima di coricarti e dormire, sia di guardarti allo specchio con continuità per qualche minuto mentre formuli l’intenzione di cambiamento (smettere di fumare, l’esempio più banale…). Poi vai direttamente a letto senza permettere che la mente sia impressionata da null’altro.
Ciò funziona nel modo seguente: immagina di avere una tazza di tè alla quale ogni giorno aggiungi una sola goccia d’acqua. Per diversi giorni non vedrai cambiamenti, ma, in capo a un tempo sufficiente, nella tazza ti ritroverai con solo acqua. Lo stesso accadrà con quella suggestione serale: dopo un tempo sufficiente la tua mente subconscia sarà cambiata.”
Un segreto nella pratica della coordinazione e unificazione di corpo e mente sta nel significato di “continuare”: quando ci si concentra sul punto del basso addome, occorre CONTINUARE a tenervi l’attenzione.
Qui un altro suggerimento del Maestro Tohei:
Fissatevi l’unghia di un dito. Dopo poco, la mente vagherà nel pur limitato spazio di un unghia. Ciò perché la mente è per natura portata a muoversi.
Così accade quando ci concentriamo sul punto nel basso addome.
Se solo mettiamo l’attenzione al punto, dopo poco la mente si troverà a vagare.
La soluzione, per poter comunque pensare al punto, sta nel farlo dinamicamente.
Seduti in “seiza” (al suolo, sui talloni), immaginatevi grandi come l’universo; un’immensa sfera che lo occupi fino ai confini.
Ora immaginate che l’immensa sfera, in un istante, si concentri nel punto del basso addome; ciò deve avvenire in un baleno, come un colpo sul tamburo, un battito di mani, uno schiocco di dita.
Dal grande al puntiforme in un istante.
Ora CONTINUATE a concentravi sul punto nel basso addome pensando che esso si dimezzi all’infinito. Fintantoché penserete “metà… metà… metà… metà… metà…” seguendo il ritmo di una biglia che, cadendo su un pavimento di marmo, diminuendo l’altezza dei rimbalzi, aumenta la frequenza di questi ultimi, o quello di una bacchetta di legno che percuote la membrana di un tamburo secondo la stessa intensificazione della frequenza, se qualcuno proverà a spingervi allo sterno per rovesciarvi indietro, voi sperimenterete una solidità mai avvertita prima.
La spinta non deve essere impartita con il mero scopo di rovesciare chi sta seduto e concentrato, ma con quello di cogliere e far cogliere che qualcosa è cambiato in modo sorprendente.
Col tempo, i test si intensificheranno e si sarà capaci di non farsi rovesciare neppure da spinte potentissime.
L’aikidoka perfetto? Un bambino!
La via della coordinazione e unificazione tra mente e corpo è una delle vie più significative che mi sia trovato a percorrere in questa vita. Ne sono stato educato e mi ha sostenuto in momenti di grande difficoltà. I bambini la imparano con estrema facilità, come anche chi si occupa di scienza, mentre i casi più “problematici” sono filosofi e psicologi.
Se a un bambino, insegnandogli il Ki, dici “fa’ così”, lui lo fa e riesce.
Se lo dici a uno psicologo, egli non farà quel che chiedi, ma, mentre dovrebbe farlo, si starà invece chiedendo “Cosa vuole ottenere? Dove mi vuoi portare?”.
Se lo chiedi a un filosofo, si chiederà, mentre dovrebbe solo concentrarsi su ciò che gli dici di fare: “Che significato ha? C’è un parallelo con il Logos?”.
Entrambi falliscono, spesso in modo ridicolo.
Per questo, sul tatami come su un ring, occorre avere carta bianca.
Spesso, uno scapaccione serve più di mille spiegazioni.