Il grande assente nella umana consapevolezza, salvo rarissimi squarci, è il niente.

Il grande chiarificatore, in ciò, è Heidegger in “Che cos’è metafisica?”.
Non spaventatevi, il passo non è lunghissimo e potrebbe davvero illuminare a proposito. Val la pena di rileggerlo con attenzione se, ad una prima scorsa, non rilascia il suo significato centrale.

Heidegger si riferisce qui all’atteggiamento scientifico nei confronti del mondo, ma nel brano si potrebbe benissimo sostituire “religione” a “scienza” e, ahimé, anche buona parte della “filosofia”.

Dopo il testo di Heidegger, una mia riflessione.

—–
Testo:

“Ciò a cui mira il rapporto col mondo è l’ente stesso – e oltre a ciò niente.
Ciò da cui ogni atteggiamento prende la direzione, è l’ente stesso – e oltre questo niente. Nell’apparizione improvvisa, ciò con cui avviene che il confronto ricercante si dia, è l’ente stesso – e aldilà di questo niente.
Ma che strano – proprio nell’assicurarsi di ciò che gli è più proprio, l’uomo di scienza parla, esplicitamente o meno, di uno specifico altro. Deve essere indagato solamente l’ente, e oltre a ciò – niente; solo l’ente e oltre questo – niente; l’ente unicamente, e oltre questo – niente.
Che ne è di questo niente? È un caso che ci venga da parlare in questo modo? È solo un modo di dire –

e oltre a ciò niente?

Ma allora perché ci preoccupiamo di questo niente? Il niente, appunto, viene rifiutato dalla scienza e abbandonato come il nullo (das Nichtige: il senza valore e significato: un niente).

Eppure, se noi scartiamo il niente in tal modo, non lo stiamo proprio co ciò ammettendo? Ma d’altra parte possiamo parlare di un ammettere, se non ammettiamo niente?
Ma forse questo «andirivieni» del discorso si muove già in un vuoto bisticcio di parole?
Contro ciò la scienza deve ora di nuovo ribadire la sua serietà e la sua sobrietà, deve affermare che essa si occupa solamente dell’ente.
Il niente – che altro può essere per la scienza che un aborrimento ed una fantasticheria?
Se la scienza è nel giusto, allora una cosa è certa: la scienza non vuol saperne niente del niente.
Questa è infine la comprensione scientificamente rigorosa del niente. Noi ne sappiamo (!) in quanto di esso, cioè del niente, non vogliamo saperne niente.

La scienza non vuole saperne del niente.

Ma rimane altrettanto valido ciò: là dove cerca di affermare la propria essenza, essa chiama in aiuto il niente.

A ciò che rifiuta [ :il niente], essa fa ricorso.

Quale contraddittoria essenza si svela qui?

—–

Mio:

Il niente è un significato così radicale che senza di esso non potremmo sapere… niente.
Non si può non sapere il niente.
Ciò equivarrebbe a saperlo e a usarlo; infatti starebbe per “del sapere del niente: niente”. Dunque lo si saprebbe, seppur senza consapevolezza adeguata.

Il niente non è un concetto.
È un sapere ma non è un concetto. Non è un prodotto della mente.

Il niente mostro l’altro-rispetto-a-niente che, in occidente, si usa chiamare “ente”.

Tu sei un ente: altro da niente.
Ma, grazie al niente, sai di essere, appunto, altro da niente: ente.

Per essere davvero significativo e centrale, tale sapere si deve liberare in un evento illuminante denso di stupore ed incapacitazione: stupiti d’esserci e non piuttosto di non esserci.

La differenza (ontologica) tra niente e ente fa rientrare nell’ente ogni non-niente.

Anche Dio.

“Divina” possiamo chiamare la sapienza capace di tali profondità, ma tale sapienza non giustifica né fonda l’essere; al contrario, sa della sua infondatezza.
“Quel” Dio, fondamento di sé e della creazione, nelle profondità del significato di essere in quanto incolmabile e ingiustificabile differenza rispetto a niente, non esiste. Non può esistere.

Dio è, come te, infondato.

Non la religione, non la scienza possono dar ragione di ciò che non può averne: l’assurdo e miracoloso (perché impossibile) differire di questo mondo rispetto a niente di questo mondo.

Siamo impossibili.

Ma che stranezza: lo sappiamo!

Grazie al niente.

A ciò mi inchino.

[Foto nostra dell’interno della Hütte (casetta di legno, bàita) di Heidegger, nella Foresta Nera. Qui si sono seduti Heisenberg, Celan, Gadamer e altri giganti.]