Il tema di questo convegno è “Star bene”. Forse lo star bene può cominciare proprio dal momento della nascita. Sono insegnante di yoga prenatale e quando donne in gravidanza vengono per chiedere informazioni sui corsi, hanno più o meno tutte la medesima aspettativa: “imparare a fare qualcosa per far nascere questo bambino”.
In generale la domanda è: “Come fare per far nascere questo bambino? Come devo vivere questa gravidanza?”.
Io le accetto così, con le loro domande, perché è importante partire dalle loro domande.
Con la pratica però cerco di portarle a vedere se queste domande siano opportune.
Vorrei premettere che delle cose di cui parlerò ho fatto esperienza diretta, non solo come insegnante da dieci anni, ma in quanto madre: ho avuto tre bambini e tutti e tre praticamente nati in casa.
I primi due sono nati nella mia vera casa e la terza è nata nella palestra del Centro Naturista.
Quindi si accolgono le persone con la loro domanda poi le si porta attraverso lo yoga a domande più profonde.
Prima di pensare cosa devo fare “per”, cosa posso fare “per”, proviamo a vedere cosa sta già accadendo: cos’è una gravidanza. Non: “cosa devo fare per far nascere questo bambino? ” ma: “che cosa sta succedendo adesso?”.
Dopo vedremo se è possibile fare qualcosa.
Allora succede, per esempio, che ci si accorga che senza fare niente, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, si “costruisce” un essere. Non è una cosa da poco, un essere, un essere vivente, un essere che avrà una sua vita, una sua storia. Se qualcuno di voi ha avuto l’immensa fortuna di vedere nascere bene un bambino – io ho avuto la grande fortuna di avere tre bimbi nati bene – può ricordare un essere estremamente preciso, e soprattutto un essere cosciente.
Perché chi ha visto un bimbo nato bene sa che quel bambino vede. Non è una questione di occhi, di quanto vede, non importa, il bambino è acceso, e per la sua prima ora di vita è estremamente acceso: è acceso e stupito. Ha due occhi sbarrati, non è vero che i bambini nascono con gli occhi chiusi. Se hanno gli occhi chiusi è perché noi li obblighiamo a tenerli così, accogliendoli con un faro sulla faccia. Ma se è un bambino nato bene, un bambino nato in penombra con una giusta luce, simile a quella che aveva dentro il corpo della madre, che era quasi inesistente, allora ha gli occhi aperti ed è attentissimo.
E’ un bambino stupito, un bambino che non sa esprimersi ovviamente nel linguaggio nostro, ma indubitabilmente un bambino che si domanda, si domanda stupito: “Cos’è tutto questo?”.
Da un ambiente caldo, quasi senza spazio, perché nelle ultime settimane lo spazio è lui, poca luce, rumori quasi niente, si ritrova improvvisamente in “tutto questo”.
Se qualcuno ha avuto questa possibilità può testimoniare che non è possibile vivere questo momento senza avere un brivido che ti percorre, a volte non si riescono a trattenere le lacrime, ma non perché è nato mio figlio, questo viene dopo, dopo diciamo: “questo è mio figlio, questo l’ho fatto io”.
Il primo impatto, il primo contatto è con questo sguardo che si domanda, che è smarrito, vulnerabile e ci fa effetto perché è il nostro stesso sguardo, qualcosa che noi sentiamo dentro, perché anche noi stessi non sappiamo che cosa sta succedendo veramente.
Sappiamo dire: “questo è un microfono, questo è un quaderno”, sono nomi che abbiamo dato per comunicare, ma onestamente, quando ci troviamo davanti a quello che sta succedendo, possiamo dire veramente poco di certo, a parte il fatto che sta accadendo.
Allora ritorno alla gravidanza, ritorno al parto, davanti all’evidenza che durante la gravidanza la donna non sta facendo niente di volontario, tutto va da sé, eppure dentro di lei si “costruisce” qualcosa di tanto perfetto e di tanto preciso. Da solo! Da solo!
Allora, quale malinteso pensare di potere fare qualcosa perché questo bambino possa nascere. Questo bambino nascerà da solo! Non abbiamo bisogno di fare niente, proprio come non stiamo onestamente facendo niente perché esca così preciso, così compiuto, così totale e così acceso, così sveglio. Quello che possiamo fare, perché siamo intelligenti, perché abbiamo delle esperienze, è forse renderci conto di come non disturbare tutto questo, come non disturbare questo bambino mentre si forma, mentre nasce, mentre cresce, come non disturbare questa saggezza; questo è molto più importante. Vi ho parlato di un bambino che nasce bene e so che è qualcosa di molto raro al giorno d’oggi , sono bambini fortunati, e ancora fortunato è chi può assistere alla nascita di un bambino che nasce bene.
Abbiamo avuto a Bologna una persona che lavora da tanti anni nel campo della nascita, qualcuno di voi forse lo conoscerà, è Michel Odent, ha scritto diversi libri tra i quali: “Il bebé è un mammifero”, “Ecologia della nascita “, “La nascita dell’uomo ecologico”.
Ha tenuto una conferenza, c’erano circa duecento settanta persone, ed è venuto per ricordarci che siamo dei mammiferi perché l’abbiamo completamente dimenticato. Siamo dei mammiferi e come i mammiferi abbiamo bisogno di nascere in un ambiente intimo, silenzioso, raccolto. Odent sta studiando molto su questo, e ha detto che da anni si studiano tutte le varie tecnologie per la nascita (lui la chiama l’era elettronica della nascita), ma non si studia come lasciare nascere un bambino naturalmente. Era presente a questa ultima conferenza una donna che aspettava un bambino, che frequentava con me un corso di yoga prenatale, era medico, e il giorno dopo mi ha detto: “Sai che è vero, sono andata a cercare nei testi che ho a casa di quando studiavo all’università e non c’è la nascita naturale. Non viene studiata”. Soprattutto non viene studiato come creare le condizioni perché possa accadere. Si studia come intervenire, come modificare, senza sapere che cosa stiamo modificando, su cosa stiamo intervenendo, è incredibile! Allora, forse, pensare diversamente gravidanza e parto può significare fare un passo indietro: prima di andare a manipolare chiediamoci cosa sta già accadendo. Scoprire, come si sta scoprendo, che le popolazioni che noi chiamiamo primitive, dove la nascita è rispettata, dove è rispettato il contatto madre-figlio, dove tutto questo è considerato importante, sacro, sono quelle popolazioni che maggiormente rispettano poi la natura. Mentre le popolazioni che noi chiamiamo civilizzate, che hanno creato il parto elettronico, che separano subito la madre dal bambino, che hanno escluso per anni l’allattamento al seno, sono anche le popolazioni che creano un maggiore danno alla natura.
Questo ci deve fare molto pensare, c’è un legame tra come nasciamo, come siamo accolti e poi come ci comporteremo nella vita; inoltre, sembra che presso queste popolazioni civilizzate, dove appunto i parti vengono regolarmente disturbati, generazione dopo generazione, i problemi a livello del parto, a livello di allattamento, a livello di rapporto madre e figlio crescano. Ad ogni generazione aumentano, si moltiplicano. Questo cosa significa? Quando noi andiamo a disturbare la nascita, soprattutto se è una nascita di una bambina, abbiamo una grossa responsabilità, perché non disturbiamo solo quella nascita, ma forse possiamo creare le basi per disturbare tutte le successive nascite in relazione a quella bambina, cioè le sue successive gravidanze, i suoi successivi parti e allattamenti. Il futuro da questo punto di vista è agghiacciante, perché questo succede di regola, io lavoro da anni nel campo della nascita e so benissimo che è raro che un bambino nasca bene. Dove stiamo andando se una nascita difficile crea le basi per altre nascite di questo genere, e se vediamo per esperienza che le popolazioni dove si nasce in questo modo sono anche le popolazioni che rovinano e che distruggono di più l’ambiente?
Abbiamo visto che cosa significa “un bambino che sta bene”, significa avere una nascita buona, una nascita rispettosa, di lui, dei suoi ritmi, del suo ambiente; però questa possibilità esiste se le persone che sono presenti alla sua nascita “stanno bene”. Allora, forse, dobbiamo chiederci che cosa significa stare bene per le persone che sono lì presenti.
Innanzitutto:
Che cosa significa “una mamma che sta bene”?
Non è solo stare bene fisicamente. Si, proponiamo lo yoga che ha anche un aspetto fisico ma la salute fisica non basta. Ho letto che le atlete hanno dei parti spesso difficili. L’alimentazione è importante d’accordo, però ancora non basta. Cosa significa una mamma che sta veramente bene? Una mamma che sta bene è una mamma che arriva con un atteggiamento onesto, lecito, equilibrato a questo evento e che ha già vissuto la gravidanza con questo atteggiamento. Tramite la pratica dello yoga che proponiamo diamo alla donna gli strumenti per accorgersi che, indipendentemente dalle sue azioni, c’è qualcosa di molto saggio che si sta muovendo dentro di lei, che “sta già facendo”. Quindi diamo alla donna la capacità di avere una grande fiducia in se stessa. Cosa succede quando una donna arriva al parto? Va in un ospedale, va in una struttura dove c’è gente con un camice e si affida. “Loro sapranno come fare nascere il mio bambino. ”
Questa non è una donna che sta bene. Questa è una donna che non ha fiducia in se stessa, che si affida. Secondo me una donna che sta bene è una donna che si accorge di essere capace di portare a compimento un qualcosa di così grande come la nascita di un bambino.
Questo non significa che si è messa a fare qualcosa! L’ho detto prima, va da sé; però è accaduto dentro di lei. Allora, è a questa stessa saggezza, che si è occupata di costruire così precisamente il bambino che è dentro di lei, che dovrà affidarsi quando questo bambino sarà pronto per nascere. Non fuori, non al medico, non all’ostetrica; loro sono lì, hanno un ruolo ben preciso nel momento in cui c’è un problema, ma finché non c’è, la donna può “partire da sé”.
Questa è una cosa non facile. Io dico a volte che la gravidanza è troppo breve, ci vorrebbero due o tre anni, perché è un click difficile, io come donna lo dico per prima, è difficile per una donna prendere fiducia in se stessa. Anche perché si deve scontrare con un mondo che non le crea le condizioni per farlo: va in una struttura, ci sono delle persone vestite in camice bianco , c’è un letto, ci si deve sdraiare, e poi un sacco di macchine, perché se succede qualcosa….Allora pian piano tutto porta a delegare: “loro sanno, loro faranno”. Questo é un momento molto difficile perché la donna deve lottare innanzitutto con se stessa, con tutte le false idee di non essere in grado di … e in un secondo tempo con tutto quello che la circonda.
Allora, prima cosa una mamma che stia bene.
Seconda cosa deve stare bene chi è lì assieme alla madre, innanzitutto, se è presente, il padre.
Cosa significa “un padre che sta bene”?
Un uomo che sta bene è un uomo che riesce a guardare stupito che cosa succede; anche lui come la donna, come il bambino, stupito davanti a questo immenso evento che è la nascita. E’ un uomo che è presente perché la donna ha bisogno di sapere che lui c’è, anche solo come sostegno morale, perché il parto non è una passeggiata, tutt’altro.
Un uomo che sa aspettare, che è presente, che c’è, ma che aspetta di intervenire su richiesta. Quindi non è un uomo inutile, assolutamente, è un uomo molto utile, ma se si muove in un certo modo. Una volta gli uomini non venivano fatti entrare in sala parto, era una cosa riservata solo alle donne, poi si è capovolta la situazione, adesso ci devono sempre essere, guai se non ci sono, è gravissimo.
Qualche tempo fa in un’intervista il famoso medico francese Frederick Leboyer disse, suscitando enorme scandalo, che era contrario alla presenza dell’uomo al momento del parto .
Perché un medico così attento come lui diceva questo? Forse perché se in sala parto ci deve essere un uomo che dice alla donna che cosa deve fare, è meglio che quell’uomo stia fuori, in quel caso è meglio che non ci sia.
Oppure che sia in sala parto controvoglia, perché ormai lo fanno tutti…
Credo che prima di tutto sia importante che tutti e due, l’uomo e la donna, vogliano vivere questo momento insieme. Per me la presenza del mio compagno era fondamentale perché sapevo che era capace di “aspettare” il bambino quanto me;
Terzo, andiamo sul più difficile:
Cosa significa “un operatore che sta bene”?
Un operatore che sta bene è una persona che rispetta i tempi della donna che sta partorendo e del bambino che sta nascendo; che oltre alla patologia conosce a fondo la fisiologia del parto e come non disturbarlo.
Che sa essere pronto in caso di necessità ma che al tempo stesso sa sopportare il fatto che forse non ci sarà bisogno di lui. Questo é sicuramente l’aspetto più difficile da affrontare perché riguarda noi tutti. La vita ci ha fatto indossare un vestito: medico, insegnante, genitore..; e ci siamo ormai talmente abituati a quel vestito che non sappiamo più farne a meno anche perché abbiamo dimenticato cosa c’è sotto.
Perciò secondo me un operatore che sta bene è una persona che è in grado di sopportare di non indossare il vestito se non ce n’è bisogno perché si basta, perché si sente sazio di quel che già è senza bisogno di inventarsi ruoli non necessari.