Zygmunt Bauman è uno dei più famosi sociologi del mondo. Nato in Polonia nel 1925 da una famiglia ebrea, è emigrato in Inghilterra nel 1971, dove ha insegnato fino al 1990; è attualmente professore emerito alle Università di Leeds e Varsavia. Molto conosciuto per i suoi studi e libri sul consumismo, la postmodernità e la globalizzazione, Bauman analizza le paure delle nostre realtà sociali, sempre meno definibili e sempre più pervasive.
Lo abbiamo intervistato al Festival della Filosofia di Modena, il 15 settembre 2012, dopo il “venerdì nero” del 14 settembre, uno dei più terribili giorni di crisi tra Islam radicale e Occidente. Un film blasfemo prodotto in USA, L’innocenza dei Musulmani, ha causato violenze e scontri, scoppiati l’11 settembre a Bengasi con la morte dell’ambasciatore americano Stevens e proseguiti venerdì 14 con attacchi ad ambasciate ed obiettivi americani a Karthoum, Il Cairo, Tunisi (con diversi morti), Chennay, Dacca, Londra, Berlino, Sana’a, Giakarta, Tripoli in Libano, nel Sinai.
Nella prima parte dell’intervista gli abbiamo chiesto una sua lettura di questi drammatici avvenimenti.
Nella seconda parte Bauman ha affrontato i temi dell’incertezza e dell’infondatezza, e la questione della mancanza di senso che la modernità, e soprattutto i suoi giovani, si trova a vivere.
In questa parte, invece, affronta il tema del consumismo occidentale, la nostra idea distorta di consumo e “crescita” che richiede sempre più risorse: nel 2050 serviranno 5 Terre per soddisfare questi bisogni, e non ci sono! Ecco allora una questione pressante a cui Zygmunt Bauman risponde con grande lucidità: se urge fare qualcosa per salvare il pianeta, dove trovare la motivazione ad impegnarsi? Quali sono le radici di un comportamento giusto, morale, orientato al bene comune? Esiste un argomento razionale che possa convincere qualcuno a essere una persona migliore, capace di dare forma a un mondo migliore?
Intervista: Roberto Ferrari, Stefano Poletti