Mattia e il nonno
di Roberto Piumini
Einaudi Ragazzi, 1999
In occasione del triplo anniversario di Gianni Rodari (la nascita nel 1920, la morte nel 1980 e l’assegnazione del prestigioso Premio Andersen nel 1970), vogliamo a nostro modo rendere omaggio alla sua figura e al suo straordinario impegno nell’ambito dell’educazione e della letteratura d’infanzia; nelle prossime settimane vi segnaleremo alcuni libri per ragazzi di autori diversi, che con coraggio e delicatezza raccontano il tema forse più difficile da trattare per genitori, insegnanti, educatori: la morte.
“C’era un nonno sdraiato sul letto: era molto pallido e magro e leggero. Intorno a lui c’erano una mamma, un papà, due zii, sei nipoti e qualche amico di famiglia. Tutti piangevano, o stavano per piangere, o avevano appena pianto, tranne il nipote più piccolo, che aveva sette anni e si chiamava Mattia.”. Questo l’incipit del primo testo della nostra rassegna: Mattia e il nonno comincia in medias res, proprio mentre la vita fugge via sotto lo sguardo sgomento di chi resta. Mattia sa che il nonno sta morendo perché gliel’hanno detto i suoi familiari: resta quindi molto sorpreso quando, dal letto, il nonno lo chiama e lo invita a fare una passeggiata. Senza che apparentemente gli astanti se ne accorgano, i due varcano la porta della stanza, dietro la quale non trovano il resto della casa, ma vasti prati, un fiume, un cavallo, addirittura i pirati… Comincia così un viaggio “un po’ strano: però non impossibile, dato che stava accadendo”, durante il quale Mattia incontra gli archetipi delle grandi questioni che dovrà affrontare crescendo, e il nonno subisce una graduale, bizzarra trasformazione…
Sul cammino di Mattia e del nonno, ricco di eventi simbolici e giochi che hanno la semplicità e il sapore dell’antico, le situazioni non trovano mai una soluzione facile o insipida: tutto è insieme semplice e straordinariamente ricco (proprio come lo è per il piccolo protagonista), ma al contempo ogni cosa racchiude un prezioso insegnamento. La morte è presupposto e, presumibilmente, fine del viaggio: resta quindi presente – anche se in modo molto discreto, come una consapevolezza in attesa – lungo tutta la narrazione; eppure il suo manto, di solito nero di lutto, sembra qui essere di un azzurro sereno, di un giallo sorpreso: essa è il motore della curiosità che anima il lettore (adulto o bambino che sia), il quale, per quanto sappia che prima o poi il percorso dei due dovrà giungere al termine, non può dare per scontato il viaggio stesso ed il suo curioso svolgersi.
Gli incontri che il bambino e il nonno fanno lungo il loro cammino riescono a stregare, per finezza d’inventiva e profondità di significato, anche il lettore adulto: Brigante, il cavallo che si rivela bianco solo per metà (l’altra metà del corpo è nera, e l’animale sembra essere di uno o dell’altro colore a seconda del punto di osservazione di Mattia); il ponte che il bambino desidera fortemente attraversare, e che quanto più ardentemente è desiderato tanto più si allontana e si nega; i pesci del fiume, che non si lasciano catturare ma entrano spontaneamente nelle tasche dei due viaggiatori, aperte ad accoglierli. E ancora: le monete che dovrebbero aiutare a prendere una decisione, ma di cui prima ancora è comunque necessario decidere il significato (a quale scelta corrisponde ogni faccia?), il fiume che risponde alle domande di Mattia semplicemente col suo tranquillo scorrere, l’esuvia che Mattia trova e decide di conservare… Ogni piccolo evento fa parte di una lezione interiore più grande, difficile (ma non impossibile) da imparare, a cui la conclusione del racconto restituirà tutto il senso. Senso che, in questo come in altri libri di Piumini, è sempre di grande spessore, ma anche sorprendentemente leggero.
L’incontro con la morte è l’occasione per apprendere e insieme affidarsi ai “non” che la vita stessa insegna: l’impossibilità di possedere pienamente qualcosa o qualcuno, di sapere sempre e senza incertezze cosa sia giusto e cosa sbagliato, di ottenere senza fallo ciò che si desidera. E però, in questa selva di negazioni, brilla per Mattia la consapevolezza di una guida sapiente, che sa lasciar affiorare domande e risposte talvolta dagli eventi, talaltra dal silenzio. Quando il nonno e Mattia torneranno a casa, il bambino sarà pronto a vivere il lutto, e a ricevere le parole che i genitori useranno per raccontargli il trapasso appena avvenuto.
La preziosità di Mattia e il nonno non sta solo nella delicata poesia di cui è intessuto, nella narrazione che si sviluppa con garbo e nella finezza degli insegnamenti che vi trovano spazio: come spesso accade negli scritti di questo autore, il telaio su cui si snoda la matassa della storia è il dialogo fra il bambino e l’adulto, da cui scaturisce un ritmo lento, ricco di soste significative. Il mondo di Mattia e del suo anziano compagno di viaggio è quieto e attento: il secondo guida il primo nelle sue scoperte in modo tanto discreto quanto efficace, rispettandone i tempi, le incertezze, perfino i piccoli inganni, permettendogli di sbagliare nonostante gli avvertimenti, e parlandogli sempre con la serena pacatezza di chi sa, per averlo imparato dallo scorrere degli anni, che nulla di male può davvero accadere – nemmeno la morte.
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