Franco Battiato a Monte Sole. Concerto e meditazione per commemorare l’eccidio di Marzabotto
Concerto e meditazione nella consapevolezza degli eccidi di ieri e di oggi.
19 sett, Marzabotto (BO) – Forse una commemorazione dell’eccidio di Marzabotto così non si è mai vista. Oggi pomeriggio a Monte Sole, in ricordo dei gravi fatti del 1944 e, in generale, per commemorare tutti gli eccidi, Franco Battiato canta tre dei suoi più celebri brani (‘Le sacre sinfonie del tempo’, ‘L’ombra della luce’, ‘Oceano di silenzio’) in un’atmosfera di grande raccoglimento. Franco Bertossa, presidente dell’associazione ASIA, apre il dibattito ricordando che Battiato ha accettato per la terza volta il suo invito nel territorio di Bologna con grande generorità e amicizia, per riflettere su temi come la morte, la vita, il senso.
Oltre al noto cantautore, è presente Don Arrigo Chieregatti, presidente dell’associazione Dialoghi, che ricorda come il silenzio sia qualcosa da coltivare, e esorta tutti a ascoltarlo, magari nel vento sulla collina gremita di gente o tra le fronde degli alberi.
Parole toccanti, che ben si accordano con la poesia di Franco Battiato e con la pregnanza dei luoghi dove la sofferenza e la tragedia hanno lasciato delle tracce indelebili. Franco Bertossa osserva che per costruire la pace occorre cercarla dentro ognuno di noi, nel silenzio e nella riflessione, e che anche da questo punto di vista l’amico cantautore è un esempio da imitare. Le parole di uno dei suoi più noti brani in scaletta, Un oceano di silenzio, non sono solo poesia, canzone, arte, ma pratica fatta tutti i giorni da Battiato stesso secondo gli insegnamenti dei suoi maestri spirituali. Pochi conoscono questo aspetto della sua vita, ma anche in ciò va ammirato e, forse, proprio in ciò; va oltre l’arte, ricongiungendola alla preghiera e all’inno più alto.
La folla assiepata sul prato ancora bagnato dal temporale, che ha concesso una tregua proprio un’ora prima del concerto, attende impaziente i brani programmati, ma ora è il momento di dare spazio ad una presenza di incredibile forza, un anziano personaggio che è stato voluto fortemente da Battiato sul palco.
Arturo Paoli, classe 1912, prete appartenente alla congregazione dei Piccoli Fratelli di Gesù, esordisce così: anch’io fui giovane, ma cosa significa essere giovani? E continua dicendo che l’essere giovani di certo porta dei vantaggi che un anziano può solo lontanamente ricordare e, magari, rimpiangere. Ma ciò che caratterizza il giovane è l’essere gettati in una storia più grande, in un’esistenza che non dà le ragioni e, soprattutto, fa nascere la domanda di senso. Un monito agli insegnanti, ai genitori, gli educatori in genere: attenzione, i ragazzi sono agitati perché non hanno un senso. E racconta della sua vita. Un bel giorno si è presentata una domanda, anzi, una consapevolezza: non puoi andare avanti, non c’è niente davanti a te. E allora ha scelto di andare nel deserto del Sahara. Una scelta radicale che oggi quest’uomo minuto ma forte come l’acciaio ricorda come una necessità di morte, come un non poter accettare che non potesse esserci un senso della vita e, contemporaneamente, una necessità di rinascere, che significava anche morire. Aveva un po’ di pace dalla fiamma che gli ardeva dentro solo quando faceva il lavoro manuale che era previsto nel suo noviziato. Al di fuori di questi momenti, la pace lo abbandonava. Ma un giorno comprese. Oggi racconta con una parabola la sua illuminazione: in un viaggio di seicento chilometri nel deserto del Sahara, otto ore al giorno, non bisognava allontanarsi, perché perdere di vista il gruppo dietro una duna poteva significare la morte certa. Ma, di tanto in tanto, qualche cammello si distaccava e, di fronte all’inquietudine del gruppo i cammellieri replicavano sapienti: “lasciateli andare, non li fermate”. Dopo l’intera giornata di cammino, al tramonto, riuscivano a vedere un puntino all’orizzonte che si avvicinava, si avvicinava sempre più. Lì egli capì il senso della vita. Una voce forte da dentro gli disse: non sei tu che hai scelto me, ma io ti ho scelto. Non sei tu che mi ami, come puoi amare l’infinito? Sono io che ti amo. Il rovesciamento della vita, questo è stato il senso che gli mancava. Il deserto è silenzio, è vuoto, e grazie ad esso capì che l’amore non sorge dall’uomo, bensì l’uomo può solo accoglierlo.
Dopo questo discorso toccante, il maestro Battiato canta una parte del brano “L’ombra della luce”, una poesia, una preghiera e un auspicio. Concedetemi di rubare qualche strofa a questo inno:
“Difendimi dalle forze contrarie, la notte nel sonno quando non sono cosciente, quando il mio percorso si fa incerto. E non mi abbandonare mai, no, non mi abbandonare mai.”
“Ricordami come sono infelice lontano dalle tue leggi. Come non sprecare il tempo che mi rimane? E non mi abbandonare. Mai.”
Chieregatti ricorda ancora i caduti di Monte Sole, assieme a tutti gli altri, i morti del mare, magari alla ricerca di un futuro sulle coste italiane, i morti in guerra o in missione di pace, come i ragazzi morti in Afganistan. Il colle che ospita oggi questa commemorazione possa diventare un luogo vivo, auspica, e ringrazia nuovamente Battiato per aver accettato di cantare e di aver scelto con grande sapienza i brani. Il pubblico ascolta attentamente Don Arrigo, immerso in un’atmosfera toccante e pregna di commozione. “Perché il silenzio?”, è stato chiesto in conferenza stampa agli organizzatori. “Per imitare i morti. Perché i morti non parlano più.”, la risposta.
di Paolo Ferrante
Redazione ASIA
Segnaliamo il documentario sul processo per l’eccidio di Montesole di Germano Maccioni