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19 Aprile 2013

Phi.mind 11 - I Filosofi della Mente anti-riduzionisti

Incontri settimanali con la filosofia analitica. Di Roberto Ferrari.

Clicca qui per l'elenco di tutte le uscite di Phi.Mind

Ne abbiamo avuto l'esperienza ma ci è sfuggito il significato
E avvicinarci al significato ci restituisce l'esperienza
In una forma differente, al di là di ogni significato.

(T.E. Eliott, da Quattro Quartetti)

Phi.mind 11. I qualia degli stati alterati di coscienza. E le capacità degli 'uomini straordinari'

Se come abbiamo visto i filosofi della mente non si sconvolgono mai troppo, vi sono però alcuni ricercatori appassionati a sensazioni veramente insolite. Frequentano gli stati alterati della coscienza e cercano di misurare in modo oggettivo le loro manifestazioni fisiologiche e nervose. È un mondo variegato di strani personaggi, che si occupano di droghe messicane o digiuni, accompagnate da analisi elettroencefaliche e dosaggi biochimici[1]; oppure di esperienze di uscita dal corpo, fenomeni di percezione extra sensoriale, esperienze di pre-morte ecc.
 
Anche scienziati molto quotati si sono dedicati a questi studi, che hanno tutto un loro pubblico di appassionati. In genere l’establishment scientifico e filosofico li disdegna, ma sono stati accolti nel prestigioso convegno biennale sulla coscienza di Tucson[2], a riprova di quella apertura di vedute che fa grande lo spirito americano. Questi ricercatori indagano tutte le possibili dimensioni della coscienza, descrivendo svariate tipologie di qualia che assomigliano a luna park interiori.

Pochi si fanno una domanda in più, e tra questi bisogna annoverare John Horgan, giornalista scientifico che è stato un autorevole redattore della rivista Scientific American; ad un convegno sullo studio della coscienza gli fecero sperimentare un meccanismo di realtà virtuale che attraverso un casco elettronico somministrava stimoli sonori e visivi sincronizzati, una serie di qualia molto suggestivi:

«Mi concentrai solo sulle sensazioni elementari nella mia testa che pulsavano e si trasformavano, come il più bel gioiello della creazione, cambiando sempre senza cambiare mai, di una bellezza indescrivibile. Stavo guardando il cuore della coscienza, non solo della mia coscienza ma di ogni coscienza. La chiave era lì, in attesa di essere trovata: dovevo solo guardare in modo adeguato.»[3]

Anche in queste esperienze suggestive si può trovare lo stimolo per guardare meglio, a discernere ciò che sentiamo. Basta non limitarsi alla suggestione e a sensazioni anomale, ma interrogarsi su cosa sia l’atto di cogliere la qualità (anche la semplice qualità di 'vedere il rosso')  e cosa lo renda possibile.

Ben più serio e documentato è il campo di ricerca relativo alle analisi neurologiche condotte durante esperienze esaminate e consapevoli, utilizzando come 'menti da laboratorio' i praticanti di meditazione: infatti per questi studi pionieristici Paul Ekman, uno scienziato che è considerato il maggiore esperto nello studio neurologico delle emozioni, ha cercato quelli che definisce “uomini straordinari” (principalmente Lama buddhisti tibetani e praticanti di meditazione di altre tradizioni) da lui definite come menti con un alto grado di benessere ed equilibrio, capaci di spontaneo altruismo ed empatia, dotate di straordinaria presenza, attenzione e capacità di concentrazione. Si tratta di ricerche sostenute e divulgate dal Mind & Life Institute[4] attraverso periodici incontri 'a porte chiuse' tra scienziati e il Dalai Lama e numerosi libri e resoconti. In generale sono ricerche che cercano di individuare gli effetti duraturi che la meditazione produce all’umore, alla concentrazione, al controllo dello stress ecc., sempre supportate da riscontri sperimentali che sono sempre più convincenti[5], al punto che è ormai pratica diffusa in U.S.A. proporre corsi di meditazione per manager, militari, malati e convalescenti, carcerati, ragazzi socialmente problematici, studenti universitari.
Sono molto numerose anche le indagini sul cervello finalizzate a psicoterapie di nuova concezione che molto mediano dalla psicologia buddhista (per una rassegna aggiornata è  uscito in italiano The Mindful Brain di Daniel J. Siegel[6]).

Un aspetto comune è che – in questa prima fase storica in cui iniziamo ad indagare soggetti mentalmente addestrati e capaci di notevoli performance di attenzione e osservazione – si tende a focalizzare le domande sul miglioramento delle funzioni neurali e sulla neuro-plasticità. Ma questi studi affascinanti potrebbero essere estesi, oltre all’effetto di 'qualia positivi e straordinari' che certe pratiche producono, anche alla ricerca sul semplice ed iniziale fatto di essere coscienti dei qualia. Cercando di evitare stati troppo anomali, sensazioni affascinanti ma che spesso inducono a restare 'incollati' all’effetto prodotto più che interrogarsi sul fatto di esserne coscienti.

Torneremo tra breve su queste importanti metodiche di indagine, perchè rappresentano realmente la nuova via, post-filosofica o meglio di filosofia sperimentale, per chiederci cosa sia la mente cosciente. Ma nel prossimo appuntamento vogliamo scoprire le nostre carte.


Prossimo appuntamento: Dove si chiarisce in modo esplicito la posizione dell’Autore: la coscienza non è i suoi qualia. Debolezza dell’argomento della irriducibilità dei qualia.

Leggi la decima uscita di Phi.mind

Riferimenti bibliografici:

[1] Per un colorato panorama, Horgan J. (2001), La mente inviolata. Una sfida per la psicologia e le neuroscienze,  Raffaello Cortina, Milano 2001, pag. 294-301.
[2] In rete: www.consciousness.arizona.edu/
[3] Horgan, 2001, pp. 314-315.
[4] www.mindandlife.org
[5] Dalai Lama, Daniel Goleman (2003), Emozioni distruttive, Mondatori, Milano, p.374.
[6] Daniel J. Siegel, 2009,  Mindufulness e il cervello, Raffaello Cortina, Milano.


Commenti:


 Corsi fuori Bologna  Utente
callipigia
02 Settembre 2020 - 20:03


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