Un altro giro di giostra

Un altro giro di giostra
Viaggio nel bene e nel male del nostro tempo
di Tiziano Terzani
2008, 578 p., brossura
TEA, collana I Grandi

 

E’ strano pensare che un giorno un uomo in camice bianco potrebbe dirci che c’è qualcosa, nel nostro corpo, che si è messo a correre per una strada tutta sua e che questa corsa potrebbe significare la nostra morte, non più in un indeterminato futuro ma tra sei mesi, un anno, due anni. E’ difficile parlare di temi simili e Tiziano Terzani, in questo libro indimenticabile e commoventissimo, descrive un percorso che va dalla scoperta del suo cancro alla soluzione che Terzani ha trovato dopo tante ricerche.

Ancora tra le pagine di Lettere contro la guerra(2002) non c’era traccia di questo enorme travaglio che l’ha portato a girare il mondo in cerca di una cura, eppure quando uscì questa meravigliosa cronaca Tiziano aveva già avuto una ricaduta che, di lì a poco, l’avrebbe condotto alla morte nel luglio del 2004. L’enorme successo de La fine è il mio inizio ha, forse, oscurato un po’ la visibilità mediatica di questo libro che, tuttavia, riceve il favore dei lettori italiani (440.000 copie in Italia) e, tra poco, sarà tradotto in francese e tedesco (tra l’altro, il Italia è stato riedito l’anno scorso nella collana I grandi di TEA in edizione economica).

Come ci ha raccontato la moglie e anch’essa scrittrice Angela Staude, Tiziano voleva che questo libro fosse destinato a chi, come lui, avrebbe dovuto affrontare il difficile rapporto con una malattia inguaribile e quindi fu davvero meravigliato del successo che ha avuto tra i ragazzi. In questo libro si parla di morte, infatti, di ciò che la scienza fa per combatterla e di come le varie forme religiose e le varie tradizioni cercano di affrontarla: i giovani sono interessati al tema più di quanto non crediamo.

Ma ciò che più ci mette in empatia con Un altro giro di giostra sono da un lato l’approccio scettico e realista che Tiziano Terzani, come forse molti occidentali, ha nei confronti delle medicine “alternative”, dall’altro una sorta di consapevolezza su un proprio limite, che non gli permette di poter vivere e esperire completamente lo spirito delle varie culture con cui entra in contatto, anche dove c’è qualcosa di veramente autentico.

Il tratto caratteristico, che si può cogliere in molte pagine del libro, è la capacità e la volontà di interrogarsi su stereotopi e pregiudizi alla base della nostra cultura e che, necessariamente, influenzano la ricerca scientifica e medica, come chiarisce in questo passaggio:

“… i medici classici insistono nell’ignorare tutto ciò che avviene fuori dal ristretto cortile della loro scienza, dicendo che si tratta di effetto placebo. E usano questa espressione con disprezzo, come se il fenomeno non fosse straordinario: una persona, credendo di venire curata, si cura da sé! Inghiottisce una sostanza assolutamente innocua e, pensando che sia una efficacissima medicina, guarisce!”

L’ironia e il senso critico di Terzani è quella del giornalista che vuole guardare come stanno veramente le cose, vuole scovare a tutti i costi l’imbroglio, non si fida degli intrugli che gli vengono proposti come rimedi prodigiosi per il cancro. A volte confessa, molto candidamente, che forse il suo scetticismo è l’ostacolo stesso alla conclusione positiva della sua ricerca, altre volte mette in questione il suo concetto di cura, la sua idea di guarigione. Magari per un indiano guarire non significa necessariamente continuare a vivere, idea che invece a noi sembra scontata quando andiamo a chiedere un certo rimedio. Può venire da chiedersi, durante la lettura, semmai questo travagliato viaggio da un lato all’altro del pianeta, è proprio in caso di dirlo, abbia avuto senso oppure no, abbia cambiato il rapporto con la morte di Terzani o sia stato solo un – onesto e partecipato – esercizio giornalistico.

Ebbene, uno dei momenti di svolta del libro e della vita di Tiziano Terzani è stato quando, di fronte a un riacuirsi della malattia e alla prospettiva di una operazione chirurgica immediata, sceglie di non tornare sotto i ferri, affrontando il cancro e le sue conseguenze. Probabilmente, molti di noi si sono chiesti cosa fare in una prospettiva simile. Per Tiziano è una decisione molto sofferta e maturata nel corso dei suoi viaggi in giro per il mondo tra i vari cicli di terapie a New York:

“La contraddizione che avevo sentita forte già al tempo della chemio, fra l’America i cui valori non potevo condividere e il fatto che ero però venuto in America a cercare di salvarmi, tornò a sfidarmi…”

Ma il tempo che gli rimane forse sa già come trascorrerlo, tra l’India e la Toscana a riflettere su un’intera esistenza in cerca di qualcosa in cui poter credere, a scrivere con molta fatica il libro-testimonianza da un punto di vista personale e mai distaccato, la cui domanda di fondo sembra essere cosa significhino parole come malattia, guarigione, morte, vita.

di Paolo Ferrante
Redazione Asia.it