Penso che il nostro secolo abbia partorito il figlio millenario, colui che decreta la fine della filosofia e degli dei e che riduce drasticamente il campo della scienza nelle velleità di risposta a “chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo”.
Questo figlio è il nulla.
La sua esplicita comparsa nella cultura filosofica, letteraria e artistica ha implicazioni imprescindibili e irreversibili anche in campo spirituale.
Il nulla, che scrivo volutamente con la minuscola per non divinizzarlo, essendo creatura filosofica, è esperienza comune e ha un sapore.
Se affermi “Non è vero che sto leggendo queste righe”, qualcosa in te si oppone all’affermazione di questa falsità, e anche coloro che usano negare tutto non possono negare di stare negando! Insomma, qualcosa sta irrimediabilmente accadendo…! Questo è essere.
Dato come incontrovertibile l’essere, proviamo a negarlo ancora e vediamo che accade.
“Non è vero che stai leggendo” lo trasformo in “non è vero che esisti”. Qualcosa in te reagirà (si spera) negando – non è vero! Io esisto -.
Perciò
è vero che sono – non è vero che non sono
sono invece che non essere

l’essere è invece che no
l’essere è invece che nulla… Perché?!

Eccoci al dunque: l’essere è invece che no. L’universo c’è invece che no.
C’è una ragione?
La comunicazione su questo tema è possibile solo se la constatazione “si dà l’essente, in generale, invece che il nulla” (M. Heidegger) non lascia indifferenti, se non la si contesta affermando che tutto ciò è solo un fraintendimento linguistico. Tutto questo argomento si fonda su un coinvolgimento viscerale, sulla non indifferenza, sul thaumazein (provar stupore). Ma vi sono persone alle quali la questione dell’essere non fa problema…
Traspare un filo conduttore, una visione nuova per l’occidente, e che, anche se qualcuno riportasse precedenti simili, resterebbe nuova in quanto mai accettata dal sentimento collettivo.
Tre sono i punti attorno ai quali si costruisce la nuova visione:
il mistero intrinsecamente irrisolvibile dell’heideggeriano “Perché l’essente, in generale, perché non il nulla?”;
il mistero intrinsecamente irrisolvibile del cosa sia la coscienza, e perciò l’uomo;
il fatto dimostrabilissimo che il libero arbitrio è una pura illusione, cioè che nessuno sceglie mai nulla.
A questo punto che ne è dell’uomo? Se i tre punti suddetti sono veri non possiamo far finta di nulla. Quali sono le conseguenze di questa visione? Terribili se non bene intese, liberanti altrimenti. Io sostengo che questo sia l’antico nucleo del buddismo, l’antica visione che non s’affida a rivelazioni divine, in quanto gli dèi sono intrinsecamente incapaci di dare fondamento all’essere (perché Dio, perché non il nulla?).
Di fronte alle grandi questioni metafisiche il Buddha taceva, credo proprio per esprimere l’impossibilità di rispondere.
I tre punti che ho enunciato sopra racchiudono il mistero della nostra esistenza e ci impongono un ineluttabile “perché tutto questo?”
(… perché l’essere, perché non nulla?). Paradossalmente propongo di cercare la risposta a una domanda che non può averne: quella sull’intrinseco mistero del nostro esserci-invece-che-nulla. E’ la domanda sul senso della vita, che trova origine dalla sofferenza, dalla inevitabile caducità di ogni esperienza. E’ la perplessità per un essere senza fondamento. Questo è il punto di partenza di Buddha, lo Svegliato dal sogno, l’Illuminato. Dovendo fare i conti col nulla, per i temi impreteribili evidenziati dall’esistenzialismo, l’Occidente è il terreno in cui rinascerà il Dharma.