Riaffiora alla mente il “Quid est veritas?” di Pilato.
Quando a me succede di affermare che ho scoperto la Verità, l’atteggiamento di chi di volta in volta mi ascolta varia tra commiserazione, sarcasmo e l’atteggiamento scettico ed incredulo di Pilato.
Ma lo riaffermo: ho scoperto la Verità! (Anche se non mi sento un messia).
Ecco l’esperienza e gli argomenti.
Un pomeriggio di primavera del 1980 mi stavo recando al lavoro e camminavo lungo il solito percorso che, a Bologna, dalla piazza Maggiore mi portava verso la via Castiglione, passando sotto il Pavaglione e attraversando piazza Cavour. Ricordo che camminavo con la testa bassa, immerso com’ero, da quando avevo memoria e uso della ragione, nell’enigma della vita. Mi chiedevo se Dio esistesse. Avevo cercato una prova del divino provando di essere testimone di eventi prodigiosi, dalla levitazione ai miracoli di Lourdes. Ma ogni volta che avevo approfondito, avevo scoperto che non potevo essere sicuro che fossero eventi soprannaturali. Così ero immerso nei dubbi più profondi.
Ricordo che, camminando così assorto, passai davanti alla vetrina di un negozio di dischi musicali. Intravvidi la strana copertina di un Lp: dietro il nostro pianeta, sospeso negli spazi cosmici, appariva la faccia di un vecchio con un triangolo in testa; di Dio insomma.
Rimasi colpito, sconcertato, poiché vedevo l’oggetto della mia ricerca espresso così caricaturalmente. Poi considerai che forse mia nonna, santa donna, se lo figurava proprio così. Credo che fosse questa mistura di comico e serioso ad innescare in me una perplessità che si tramutò via via in domanda, in timore di star scoprendo qualcosa di definitivo… Cominciai a chiedermi se Dio non fosse solo un bisogno degli uomini, un riferimento da pregare come alleato o da bestemmiare nella malasorte. La domanda divenne sempre più intensa così da risuonarmi nelle viscere. Presagivo che dalla risposta sarebbe dipeso il mio futuro spirituale: ateo o credente. Una risposta negativa su Dio stava infatti affiorando. Mi stavo profondamente convincendo che avevo per anni cercato un fantasma, che Dio era un non-senso. Non era una risposta dedotta, ma mi stava persuadendo. Restai così gettato nel crudo, spoglio e freddo mondo-senza-Dio. E fu proprio questa condizione nuda a innescare una consapevolezza che prese ad affiorare per scintille di ricordi… Ero bambino, sui cinque anni (età che ricordo perché in seguito cambiammo casa), e una mattina nella veranda inondata di sole, rimasi gelato e affascinato dalla scoperta che esistevo io, proprio io, che non c’era qualcun altro al posto mio: c’ero proprio io! Poi da ragazzo, un giorno mentre guardavo l’ovviamente familiarissimo volto di mia madre, esso mi divenne d’un tratto sconosciuto e freddo, quasi mostruoso, come se oltre l’impossibilità a riconoscerlo come il volto della mamma, non sapessi neppure cosa fosse un essere umano. Durò qualche istante, poi tornò a rivestirsi di familiarità. Quei momenti mi riaffioravano rivestiti di un sapore particolare, che ora ritrovavo nelle scintille, che, come perle collegate da un unico filo, mi portavano al grande gioiello che stava imponendosi in tutta la sua abbagliante e stordente preziosità. M’apparve la Verità: l’essere indubitabile che attraverso il mio dire IO SONO!, dice a se stesso che E’.
Ma di questo fatto così concreto, evidente, ero chiaramente a conoscenza anche prima. Tutti sanno di esistere… Eppure affiorava quel particolare sapore, che avevo provato anni prima, accompagnato dallo stupore più profondo che mai avessi vissuto. Stupito di essere! E perché mai un uomo dovrebbe stupirsi di essere, della più banale ovvietà?! Sentivo che la risposta era in quel sapore che ancora non riuscivo a tradurre in consapevolezza. Contemplai per giorni il ricordo della scoperta di essere e il sapore che, come cenere residua dal grande fuoco dello stupore che quella scoperta aveva accompagnato, mi faceva vibrare cuore e viscere in modo inquietante ma pieno di fascino premonitore. Un giorno, con difficoltà, le parole osarono di decifrare quel sapore del cuore, per rendere servigio alla consapevolezza. Ne uscì qualcosa che aveva bisogno di lettere dissonanti: sr… assr… srd… msrd… str… ASSURDO!!… STRANO!!… MOSTRUOSO!! L’ESSERE E’ ASSURDO, STRANO, MOSTRUOSO, IMPOSSIBILE!!!
Il fatto che il mondo sia mi apparve oltre ogni possibilità di capacitazione. Ecco cosa non mi tornava! Causando quella particolare sensazione di…stranezza. Che il mondo sia era (ed è) pazzesco! Il nulla sarebbe (?!) più semplice e lecito.
Rimasi stordito e devo dire che non mi sono più riavuto. A tutt’oggi mi sveglio la mattina colmo di meraviglia per il solo fatto che questo possa succedere.

La Verità è questa: L’universo esiste invece che no! Perché?!
Oggi so che non c’è risposta, perché non potrebbe, esistendo, che far parte del problema.
L’essere è un mistero, e Dio, che esiste (perché invece che nulla?), può esser la spiegazione dei come del mondo, ma sul fatto che (della sua stessa esistenza, oltre tutto) non spiega granché.
“Non come il mondo è, ma il fatto che sia è il mistico” scrisse Wittgenstein.
La coscienza interrogante resta sola e unica protagonista di questo incredibile evento.
L’uomo deve fare i conti con questo.

Fin dal principio
ogni cosa è in sé silenziosa
e vuota
Ma quando viene primavera
e centinaia di fiori sbocciano
il rigogolo giallo canta
sul salice

poesia zen


[Photo by Greg Rakozy on Unsplash]