Dal 22 al 29 luglio 2017 ad Anterselva di Mezzo (BZ)

con Marcello Costantini e Francesca Ferri

L’edizione 2017 delle Vacances de l’Esprit intende porre l’accento sul dialogo tra Neuroscienze e Filosofia.

Il corso verrà presentato sabato 22 luglio alle 21.00. Il corso prevede due incontri al giorno: dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 17.00 alle 19.00. Durante il corso della settimana è prevista una mezza giornata libera che verrà decisa in base alle previsioni meteo in modo da garantire la possibilità di fare escursioni lunghe.

Introduzione

L’Occidente ha sviluppato due straordinarie vie di conoscenza: la filosofia e la scienza. La filosofia giunge sovente a conclusioni che è difficile verificare e condividere, mentre la scienza si è fin da Galileo proposta proprio questi obiettivi. Nello specifico, le questioni della realtà della coscienza, della relazione tra mente e cervello (v’è coscienza solo in rapporto al cervello?), del libero arbitrio, dell’azione della mente sul corpo, della rilevabilità della coscienza negli stati di coma, della assoluta illusorietà del mondo esterno e addirittura di quello interiore, della percezione dello spazio e del tempo, ecc., nascono sì in ambito filosofico, ma le neuroscience le indagano con rigore sperimentale. Su questa via è possibile concludere che ogni ambito della nostra esperienza sia indagabile secondo l’oggettivismo scientifico o resiste un margine affrontabile solo filosoficamente?

Tema 1

Da diverso tempo si è giunti alla capacità di illudere una persona che sia suo un altro corpo o di non credere suo quello che davvero lo è. Possiamo illudere persone di essere più alte o più basse, più giovani o più anziane; possiamo illudere persone che la loro voce non sia loro e che le loro azioni non siano volontarie.
Ciò può portare alla domanda “fin dove posso arrivare ad illudermi?”.
Ricordiamo che Cartesio spinse il suo dubbio fino all’estremo, giungendo a dubitare perfino di esser sveglio e di esistere.
La domanda da proporre ai neuroscienziati potrebbe essere:
“Se si può far credere che il nostro corpo non sia nostro, o che la nostra voce non sia nostra, e se le attività della mente possono produrre errori nella percezione, nella memoria e nelle deduzioni, potrei allora giungere a dubitare che questa stessa domanda non sia mia?”.
In base alle conoscenze e evidenze neuroscientifiche a disposizione sappiamo che sentirsi agenti mentre compiamo azioni, pensiamo, parliamo e ci poniamo domande dipende da ben definiti meccanismi neurali. Questi meccanismi, se alterati, compromettono la capacità di esperirsi come artefici di azioni, pensiero e parole.

Tema 2

Che cosa succede nel cervello mentre mi sto chiedendo cosa succede nel cervello mentre mi sto chiedendo cosa…? Fin dove possono spingersi le sperimentazioni per risolvere domande così radicali? Fin dove si può stringere il nodo autoreferenziale?
Ammesso che il nodo autoreferenziale possa essere stretto all’estremo, possiamo ricondurlo ancora al cervello?
Uno studio recente pubblicato sulla prestigiosissima rivista Science suggerisce di sì. Infatti, la capacità meta cognitiva di una persona, definita come la capacità di riflettere sui propri sentimenti, pensieri e dubbi, sembrerebbe essere legata alla quantità di neuroni presenti in quella parte di cervello che è molto più sviluppata nell’uomo piuttosto che nei primati non umani.

Tema 3

La questione del libero arbitrio assilla la filosofia da secoli. Sappiamo che capitali esperimenti sono stati portati a termine a riguardo. Come le Neuroscienze costruiscono gli esperimenti per tentare di rispondere a tale questione? Quali ne sono gli esiti? Quali conseguenze dovremmo trarre da essi?
Per alcuni neuroscienziati (Libet, Haggard) il libero arbitrio è solo una illusione. Ciò che facciamo è non solo agito, ma anche deciso dal nostro cervello. Noi, ammesso che esista un noi separato dal cervello, non abbiamo diritti su di esso. In altre parole viviamo nel costante stato di un accorgersi a posteriori di fare, di dire e di pensare.

Tema 4

Noi abbiamo l’impressione che l’esperienza cosciente sia continua mentre è ormai consolidata l’idea che l’esperienza cosciente sia discreta. Le oscillazioni coscienziali seguono ben noti ritmi dell’attività neurale; alternandoli si altera lo stato di coscienza di una persona.
È dunque possibile ridurre la coscienza a pura attività neurale?
Ciò parrebbe confermare certe conclusioni della Fenomenologia e, per restare in ambito italiano, anche sovrapporsi al pensiero di Emanuele Severino.
Nei buchi tra contenuti di coscienza, cosa accade? Alcune pratiche meditative di tradizione millenaria invitano proprio a prendere coscienza dei vuoti tra un pensiero e l’altro.
È possibile un confronto?

Tema 5

L’effetto placebo e “effetto aspettativa”. I livelli di zucchero nel sangue seguono un andamento relativo al tempo percepito e non al tempo oggettivamente misurato. Se si è convinti che sia trascorso un certo tempo, il livello degli zuccheri sarà calato in rapporto alla convinzione.
Alcuni diabetici vennero fatti giocare ai video giochi e si disse loro di aver giocato per tempi diversi, non reali; i consumi di zucchero seguirono i tempi psicologici.
Poiché le oscillazioni del livello degli zuccheri nel sangue sono prevedibili, non si capisce come queste dinamiche psico temporali agiscano modificando il livello degli zuccheri nel sangue.

Tema 6

In che modo e misura la mente influisce sul corpo?
Il compito del nostro cervello è di organizzare il flusso di informazioni che proviene dall’interno (es. il corpo) e dall’esterno (es. l’ambiente). Questo compito viene principalmente svolto attraverso meccanismi associativi e causativi. Se B segue A, allora A ha prodotto B.
Questa associazione, ripetuta nel tempo, diventa tanto forte da produrre una copia mentale esatta di A anche quando appare solo B.
Ciò vale in entrambe le direzioni: anche se non c’è più una causazione, accade l’effetto. Aspettativa e apprendimento; l’aspettativa è sufficiente a generare la conseguenza. L’effetto placebo è un aspetto di questo.

Tema 7

Si può stabilire quando la coscienza cessa d’esser presente in un corpo? Si può misurare la coscienza? Evidenze neuroscientifiche suggeriscono che i possibili stati di coscienza vanno ben oltre quelli a noi noti. Studi di imaging cerebrale condotti da Adrian Owen dimostrano che pazienti in stato vegetativo sono in realtà responsivi se studiati attentamente.
Il loro cervello risponde anche se non è in grado di produrre linguaggio, o anche semplicemente di chiudere gli occhi. Cosa è dunque coscienza?
(Se gli si chiede qualcosa, il cervello agisce come stesse capendo anche se non si coglie nulla nel corpo)

Tema 8

Che significano spazio e tempo per il cervello?
Dall’organizzazione delle reti neurali fino al modo in cui il cervello rappresenta spazio e tempo sembra che queste due dimensioni non siano distinguibili. Studi comportamentali dimostrano che il tempo è organizzato spazialmente. Allo stesso modo studi neurofisiologici suggeriscono che l’organizzazione spaziale delle reti neurali non sia separabile dalle relazioni temporali tra i nodi (i.e. specifiche regioni cerebrali) che le caratterizzano.
Non sappiamo ancora, in realtà, come il cervello faccia a mettere insieme fenomeni su scale temporali diverse.

Tema 9

È il cervello a far emergere la coscienza o il cervello è un’idea della coscienza?
La relazione tra coscienza e cervello non è banale. L’idea che dal tessuto neurale possa emergere la coscienza è messa chiaramente in discussione da un caso descritto in letteratura: un impiegato francese di 44 anni che, sottoposto a risonanza magnetica cerebrale per una indagine clinica, ha evidenziato una assenza del 90% della materia cerebrale.
Nessuno se ne era accorto fino all’età di 44 anni del soggetto, ciò che suggerisce che il suo comportamento fosse del tutto normale.
Potersi domandare sulla relazione tra coscienza e cervello implica una chiara definizione dell’uno e dell’altro. Il caso dell’impiegato francese, invece, sembra contrastare con la nostra definizione di cervello e delle sue funzioni.

I docenti del corso

Marcello Costantini è docente universitario presso l’università G. d’Annunzio di Chieti, dove insegna e svolge attività di ricerca nell’ambito delle neuroscienze cognitive. Svolge inoltre attività didattica e di ricerca presso la University of Essex, in Inghilterra. In precedenza ha svolto la sua attività di ricerca presso l’università La Sapienza (Roma), la fondazione Santa Lucia (Roma) e lo UCL, University College London, in Inghilterra. Nel 2006 ha conseguito un dottorato di ricerca presso l’università G. d’Annunzio, Chieti studiando le aree cerebrali deputate al riconoscimento delle azioni. Attualmente la sua ricerca è volta a indagare come l’interazione tra corpo e cervello dia forma all’esperienza quotidiana. In particolare, è interessato a comprendere come il contenuto dell’esperienza cambia in funzione dello stato del corpo.

Francesca Ferri è lecturer presso la University of Essex, in Inghilterra, dove insegna e svolge attività di ricerca nell’ambito delle neuroscienze e della psicopatologia. In precedenza ha svolto la sua attività presso l’Università di Bologna, dove ha conseguito un dottorato di ricerca in biologia molecolare. Successivamente, si è trasferita a Parma, dove ha ottenuto un secondo dottorato di ricerca in neuroscienze lavorando nel gruppo del Prof. Vittorio Gallese. Ha proseguito i suoi studi in Canada, presso l’Institute of Mental Health Research. La sua ricerca si concentra sul ruolo del corpo e delle esperienze multisensoriali nella costruzione del senso del Sé, e sui correlati neurobiologici di tali esperienze. Tali ricerche si focalizzano su individui sani e affetti da disturbi del Sé (schizofrenia).