Il corso si svolgerà dal 16 al 23 luglio 2016 presso la Casa delle associazioni Peter Mayr di Longomoso, sull'altopiano del Renon (BZ).
Martin Heidegger, nonostante le severe critiche a cui è soggetto periodicamente, resta il filosofo del ‘900 per eccellenza col quale pressoché tutti gli altri continuano ancora misurarsi. Ciò accade per i radicali temi da lui affrontati: la rifondazione dell’indagine dell’esperienza umana proposta in Essere e Tempo, i temi dell’oblio dell’essere, della gettatezza, della Differenza ontologica, della “fine della filosofia” e infine per la questione della Tecnica di cui profetizzò il dominio totalizzante oggi sotto gli occhi di tutti. Egli ci lasciò a confrontarci con la domanda fondamentale circa il senso dell’essere. Non ultima ragione dell’interesse che Heidegger continua a suscitare sono le recenti uscite dei Quaderni Neri, evento che ha coinvolto recentemente i media di tutto il mondo.
Che filosofo e che uomo fu Martin Heidegger?
Fu davvero fenomenologo?
Fu esistenzialista, filosofo del niente, come lo definì qualche detrattore?
Fu nazista?
Il professor Alfredo Marini, brillante docente e traduttore per Mondadori di Essere e Tempo, grande e profondo conoscitore di Heidegger, proporrà un percorso per esplorare più a fondo la non sempre chiara figura del Maestro della Foresta Nera.
Alfredo Marini si è laureato in filosofia teoretica con Enzo Paci a Pavia, dove è stato a lungo assistente volontario alle cattedre di filosofia morale e filosofia teoretica. Dal 1961 al 1964 ha vissuto in Germania dove ha studiato sugli inediti degli Archivi Husserl di Friburgo, Colonia e Lovanio le origini del metodo fenomenologico. Dal 1980 è professore associato presso l’Università degli Studi di Milano. Dal 2007 opera presso la Società Umanitaria di Milano dove dirige un corso annuale di “Filosofia e Vita Quotidiana”. Ha tradotto e curato l’edizione italiana di Essere e Tempo pubblicata nel 2006 da Mondadori nella collana I Meridiani.
Martin Heidegger (Messkirch 1889 - Freiburg i.Br. 1976), come filosofo e teorico, ha due parole-chiave: "ESSERE" e "PENSIERO". La formula del loro rapporto è la DOMANDA CIRCA IL "SENSO" DELL'ESSERE COME TALE. Heidegger non usa il linguaggio per esprimere pensieri ma, come i poeti, pensa e nuota nel linguaggio come parola natante, come una medusa nell'acqua: vi nasce, la usa e ne dipendeinteramente. Il suo libro più rivelatore su questo punto è Cosa significa pensare? ed. Sugarco
Come personaggio storico, Heid. passa per il pensatore-chiave della "Scuola fenomenologica friburghese", che fa capo all’ultima fase della lunga carriera di Edmund Husserl (1859-1938). Una scuola filosofica di stile al 100% "accademico", ma che, dai primi del '900, ha cominciato a interessare tutti i settori della cultura internazionale. Gli esponenti ne sono: Edmund Husserl, Martin Heidegger, Eugen Fink e, infine, Friedrich-Wilhelm von Herrmann.
Il quale dagli anni '60 cura la Gesamtausgabe di Heidegger per l'editore di Francoforte Vittorio Klostermann. Vastissima la schiera dei discepoli, continuatori, imitatori, interpreti, studiosi.
Heidegger è diventato non ha dovuto attendere scadenze e anniversari per essere frequentato e celebrato, ma anche invidiato e calunniato. In patria e all’estero; tra i filosofi e i non-filosofi, a cominciare dal 1916/17.
Da questa sua personale svolta, che sprofonda nella metafisica per superarla, cominciava per Heidegger una nuova, inversa, "obbedienza" del pensiero (Denken), che è appunto la sequela di tale rovescio della metafisica (la Kehre), già implicito nella dinamica propria della metafisica stessa e nel suo linguaggio.
Mentre prima il problema del senso dell’essere si riferiva dell’essere dell'Esserci (cioè alla cura) – e la filosofia ne cercava il senso nella temporalità (come avevano indicato Dilthey e Husserl!) –, d’ora in poi il pensiero cerca di mettere a nudo (erörten) le radici, o le condizioni di possibilità (il contesto) non di ogni "conoscenza" della temporalità, ma di ogni temporalizzazione; e il filo conduttore ne è la temporizzazione (e vedemo che cosa vuol dire!)
La temporizzazione (Zeitigung) è il venire incontro, l’emergere, l'insorgere, il presentarsi-depresentarsi dell'ente (cosa-occasione-kairòs: dal boccale di birra alla storia del mondo). La dimensione di questa esperienza non è più la dialettica della storia e dell'anima; non sapere del pensiero calcolante (tecnico-scientifico, ipotetico-deduttivo statistico-descrittivo) della scienze moderne e della loro virtuale capacità di gestione della cura; non la conoscenza criticamente purificata di Kant; non l’intuizione eidetica di Husserl – ma si rivolge solo alla comprensione e all'interpretazione dell'essere e incorpora anche il "senso d'essere" della sensazione, della percezione, del sentimento, dell’impegno, della prassi e insomma della storia dell’essere (ontostoria: intesa non come ricerca o racconto dell'accaduto, ma come accadere tout court). (e vedremo cosa vuol dire in rapporto a Nietzsche)
Discutendo questi "fatti" e spiegando questa dozzina di "parole" cercheremo di capire cosa intenda Heidegger quando dice "ESSERE" e quando dice "PENSIERO".
La filosofia di Heidegger non è la proposta di una formula metafisica come invece accade in tutta la tradizione della filosofia occidentale: il suo pensiero non gira attorno a un concetto-chiave che ci apra lo scrigno del mondo e ne interpreti i segreti.
In altri termini: non ci offre nulla che si possa porre sullo stesso piano:
Inoltre, benché Heidegger sia fin dai suoi primi studi legatissimo alla “concezione cristiana della vita”, non condivide la
– concezione onto-teo-logica del Dio giudaico-cristiano come Creatore del mondo e la concezione medievale del mondo come “il Creato” (incorporata nei dogmi cattolici fin dai primi secoli dell’era volgare). La “teologia greca” è per Heidegger un evento che storicamente accade alla fede cristiana e che andrebbe sottoposto a una critica deontologizzante del genere di quella (“demitologizzante”), alla quale il suo amico marburghese Rudolf Bultmann andava sottoponendo la mitologia cristiana.
E neppure apprezzava:
– la dottrina tomista della analogia entis (che considerava un astuto espediente per non decidere sulla questione teoretica pura e fondamentale: cioè, tra il senso univoco e il senso equivoco dell’essere come tale, in rapporto al nesso tra l’essere divino e l’essere umano). Heidegger combatté per tutta la vita l’interpretazione “tomista” di Aristotele.
Anche la metafisica moderna – benché da Cartesio in su si affianchi al trionfo della sperimentazione galileiana, dell’analisi e della matematizzazione del sapere scientifico – produce una serie di proposte tipicamente “metafisiche” come
– il cogito, il dubbio metodico, la dottrina delle due sostanze e della veracitas divina
– la trasformazione spinoziana delle due sostanze in due attributi dell’unica sostanza divina
e una serie di altre formulazioni fino alla
– rivoluzionria Critica kantiana della metafisica che, dai successori immediati di Kant (gli idealisti tedeschi) viene interpretata in senso trascendentalista.
Da questa linea idealista e trascendentalista, e parallelamente dalla linea post-cartesiana anglosassone del cosiddetto “empirismo inglese” abbiamo ancora nell’800 le più clamorose proposte metafisiche moderne:
– quella hegeliana della dialettica dell’Idea con tutta una serie di seguiti e variazioni tra cui il marxismo e l’idealismo italiano. E
– quella positivista di Auguste Comte e J.St. Mill che in forme assai variate attraversano tutto l’Ottocento e il Novecento affiancando alla fioritura scientifica delle scienze naturali quella delle scienze umane.
In effetti, la filosofia di Heidegger o, meglio, la sua riflessione sulla storia e l’attualità della filosofia, ha un legame ben preciso con la determinatezza storica delle sue origini: non cade dal cielo ma nasce in riferimento a una linea di psicologia neotomista di Franz Brentano e una linea di filosofia fenomenologica di Edmund Husserl, in un periodo segnato in dalla generale crisi del positivismo, dalle filosofie neocriticiste ispirate al “ritorno a Kant” e dalle riflessioni di filosofi e scienziati sulla crisi dei fondamenti delle scienze europee. Ma Heidegger dichiara di non avere “una propria filosofia”, anzi dichiara che la filosofia stessa è finita e che il suo posto è ormai occupato dalla cibernetica. Non si può negare che lavoro di Heidegger sulla tradizione filosofica è un lavoro di esegesi e interpretazione. Il fascino del suo lavoro, quali che ne siano le motivazioni vissute, sta nel modo nuovo in cui rilegge, e ci fa rileggere, i classici.
Assistente di Husserl dal 1915, già dall’anno successivo al suo primo seminario universitario, all’ombra del grande fondatore della fenomenologia cominciò a definirsi la sua personalità di docente e di filosofo e la sua fama come assistente di Husserl a diffondersi rapidamente nell’ambiene universitario tedesco. L’opera di Heidegger è un magistero di ermeneutica filosofica. Dall’esempio di Husserl Heidegger ritrae lo spirito di ricerca: storicamente il motto della fenomenologia era stato “alle cose stesse!”. Il suo senso immediato era di non curarsi delle opinioni correnti, della tradizione e delle risposta già fatte, ma di vivere direttamente il rapporto con i problemi e con le domande attuali. In realtà, fino agli anni ’30, nonostante la presunzione (“husserliana”) del filosofo teoretico che si ritiene l’unico critico e giudice di se stesso, lamentando paradossalmente l’insufficiente radicalità della sua propria critica della “vita teoretica”, Heidegger fu vittima delle passioni dei sentimenti delle motivazioni culturali che modulavano e straziavano il suo mondo e che lo colpirono senza pietà. Resta da vedere se fu più interessante e ricco di scoperte il suo modo di vedere il mondo prima della svolta o dopo la svolta, quando accettò la sconfitta (“fallì autenticamente”) e provò a vedere il mondo “dal di fuori”!