Riportiamo qui di seguito un articolo che descrive l’esperienza di Mindfulness proposta da due insegnanti di ASIA ad alcuni malati di fibrosi polmonare.

Guarda il video che documenta l’esperienza, realizzato dall’associazione Fuori dal buio

Da tempo, ormai, ASIA s’interessa delle pratiche definite con il termine “Mindfulness”: protocollo inizialmente applicato all’ambito clinico, la Mindfulness radica nella via buddhista del Vipassana, ed è quindi affine alle pratiche del corpo e dell’ascolto che fanno l’insieme delle attività di ASIA.

Guarda l’intervento di Franco Bertossa al Convegno Mindfulness-mania

Per quanto la Mindfulness non esaurisca l’impronta esistenziale dell’Associazione, molti degli insegnanti del Dojo la considerano un mezzo valido, che può aprire a pratiche di filosofia esperienziale che non si pongono come obiettivo finale il solo benessere, o una relazione diversa con la propria sofferenza fisica, ma anche un percorso  filosofico esperienziale sulle domande fondamentali dell’uomo; con questo approccio, Roberto Ferrari e Maria Pia Ricchieri hanno realizzato il progetto di cui si parla qui sotto (per gentile concessione del periodico RARE) e pubblicato sulla rivista scientifica BMJ Open Respiratory Research.

Buona lettura!

Mindfulness in Ospedale

Si indagano gli effetti della meditazione per i malati di Fibrosi Polmonare

di Marcello Parmeggiani (da RARE, Informazione, studio, ricerca malattie orfane e rare n. 1/2015)

 Anche se si tende a identificarla ancora con una pratica esotica, in tutto il mondo si è ormai fatta conoscere come Mindfulness. È regolata da un protocollo internazionale che è stato applicato, con risultati molto interessanti, a un gruppo di malati di Fibrosi Polmonare all’Ospedale di Modena.

C’è una frase che dice “Ieri è storia, domani un mistero. Oggi è un dono, per questo si chiama Presente.” Una frase che ci fa capire quanto poco spesso siamo poco portati a riflettere su ciò che ci sta capitando nel momento in cui viviamo, finendo per accumulare ansie e frustrazioni inutili.

“Grazie alla meditazione ho capito che in ogni momento, anche se difficile, sono vivo e che il presente è sempre nuovo. Ho la pelle d’oca quando ne parlo, mi commuovo tanto.”

È questa una delle voci di coloro che hanno partecipato allo studio per testare gli effetti della meditazione sui malati di Fibrosi Polmonare. Quello che per due mesi si è dato appuntamento a Modena è stato il primo gruppo al mondo di malati di FP che ha sperimentato gli effetti della mindfulness.

Che cos’è la Mindfulness? Meditazione, pratiche yoga e altro che coltivano la consapevolezza del momento presente. Non ha controindicazioni, si può fare ovunque ed è il processo che porta attenzione all’esperienza momento per momento, combinando questa attenzione con un atteggiamento di curiosità, apertura e accettazione della propria esperienza.

Non si tratta solo di rilassarsi, ma di un impegno di “medicina partecipata”. La meditazione Mindfulness MBSR è infatti un protocollo internazionale, ormai attivo da 30 anni negli Stati Uniti, sistematico e focalizzato sul paziente, che riceve un addestramento formale da applicare poi nella vita di ogni giorno. È stato negli anni oggetto di numerose ricerche che ne hanno dimostrato l’efficacia su diverse malattie, dal dolore cronico alle depressioni, dalle malattie della pelle a quelle oncologiche.

Permette di migliorare in modo sensibile stati di umore negativi e sofferenza individuale, stress e angoscia associate a queste patologie, ma anche sintomi e parametri fisiologici.

Che cosa è successo con il gruppo di malati di Fibrosi Polmonare? I due mesi di addestramento, (8 incontri settimanali da 2,5 ore in ospedale, una giornata intera di pratica presso il Centro Yoga Asia Modena) hanno visto susseguirsi diverse attività: body scan (ascolto del corpo nell’immobilità), yoga light (movimenti facili e consapevoli, uno yoga dell’ascolto profondo e della presenza mentale che ha ben poco a che fare con lo yoga da palestra oggi molto in voga), sitting meditation (meditazione seduta, sul respiro), meditazione camminata, esercizi di aikido e molto altro.

Si sono condotti dialoghi su temi specifici, esercizi, lavori di gruppo, ma soprattutto… compiti a casa: ogni giorno 45 minuti di lavoro individuale, composto di pratiche sostenute da registrazioni su CD ed atre attività di consapevolezza.

Gli obiettivi della ricerca erano quelli di valutare la sicurezza e l’adattabilità della mindfulness in questi pazienti, misurare la sua efficacia nel ridurre sofferenza, stress e umori negativi, valutare eventuali miglioramenti clinici.

“Pensavo che niente potesse più stupirmi – ha dichiarato uno dei partecipanti – ora è interessante anche questo mio schema mentale”.

Un altro partecipante ha raccontato di un episodio che testimonia più di mille parole il grande valore della mindfulness. “Oggi – ha dichiarato un paziente – in una fase di pesante difficoltà respiratoria ho sentito per la prima volta la necessità fisica di fare meditazione sul respiro. Ho ritrovato un respiro quasi normale e una calma assoluta.”

Dal punto di vista scientifico, dopo 10 mesi dal termine dell’intervento molti pazienti continuano da soli la pratica di presenza mentale a casa, e che in questo periodo si sono registrati cambiamenti impressionanti relativi agli umori negativi e allo stress: sono calati in modo statisticamente significativo la stanchezza, la depressione, il nervosismo e la rabbia, mentre è aumentato il vigore. Dai dati clinici risulta che la funzione respiratoria si è mantenuta stabile, il che non è scontato visto che si tratta di una patologia che tende a peggiorare nel tempo.

Soprattutto è emerso che grazie alla mindfulness i pazienti percepiscono il valore dell’impegno personale, hanno maggiore dignità e forza per aprirsi agli altri, aprono spazi per farsi domande serene su chi sono e sul significato della propria esistenza. 

L’articolo scientifico, pubblicato sulla rivista BMJ Open Respiratory Research (2015;2), illustra questa rara patologia respiratoria, con ancora limitate possibilità di cura e associata a notevoli difficoltà fisiche ed emotive, e come si sia organizzata la ricerca, la prima al mondo di questo tipo. Lo studio è stato approvato da Comitato Etico ed ha coinvolto 17 pazienti, 8 maschi e 9 femmine, tra i 51 e i 78 anni, provenienti da 8 diverse province italiane. Il protocollo denominato MBRS (Mindfulness Based Stress Reduction) è proseguito per due mesi in una sala universitaria dell’Ospedale Policlinico di Modena; i pazienti sono stati poi controllati per 10 mesi, durante i quali la gran parte di loro ha continuato da solo la pratica della mindfulness appresa, seguiti attraverso incontri, test clinici e psicometrici. Il gruppo è stato coinvolto e controllato dai medici che hanno promosso la ricerca (Prof. Luca Richeldi, Dott. Giacomo Sgalla, attualmente presso l’Università di Southampton, UK; Dott.ssa Stefania Cerri, Dott. Fabrizio Luppi e altri medici dell’Università di Modena-Reggio e della Azienda Ospedaliera di Modena). Gli insegnanti di Mindfulness che hanno condotto il gruppo (Dott. Roberto Ferrari e Dott.ssa Maria Pia Ricchieri dell’Associazione Asia) si sono formati in questo programma nel primo Master italiano in Mindfulness e Neuroscienze, presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Firenze. Ha collaborato alla eleborazione dei dati il Dott. Stefano Poletti, psicologo attualmente presso L’Università di Padova. Conclude l’articolo un ringraziamento particolare al Maestro di meditazione Franco Bertossa dell’Associazione Asia per l’ispirazione e il sostegno attraverso il suo insegnamento.