Introduco questa riflessione con qualche riga dal libro di Michel Odent “Il cesareo“:

Non abbiamo a disposizione alcun modello culturale per riscoprire i bisogni di una donna in travaglio. Nella maggior parte delle società di cui abbiamo notizia, l’ambiente culturale di solito interferisce con i processi fisiologici sia attraverso coloro che assistono al parto (che sono spesso attivi, addirittura invasivi) sia attraverso la trasmissione di credenze e rituali.

La prima volta che ho letto queste righe mi sono trovata a sobbalzare. Cosa significa questo? Significa che la maggior parte degli esseri umani ha lo stesso problema di fronte all’intensità che il parto evoca e la seda con il tentativo di controllo. Un controllo che, come chiaramente scrive Odent, di solito interferisce  – e quindi disturba – il processo fisiologico.

Sta dicendo quindi che, se vogliamo giustificarci quando disturbiamo un parto raccontandoci che lo facciamo perché il tutto vada per  il meglio, questo non è vero. È proprio questo eccesso di controllo che può portare a problemi.

Qual è il controllo che esercitiamo nella nostra società?

Sicuramente il controllo sul dolore, importantissimo quando  si sono create prima  le condizioni perché la donna creda che il parto sia una esperienza insopportabile, terribile.

La donna diventa così totalmente dipendente da chi è in grado di alleviare quel dolore.

Poi tutti gli esami che ancora una volta insegneranno alla donna che solo rivolgendosi ad un altro potrà sapere come sta lei.

Il controllo è quindi ora completamente attivo sulla donna, la quale sembra non avere più un ruolo e quindi perché non fare direttamente un parto cesareo? Tanto lei cosa c’entra ormai? Poi così non sentirà neppure male… Consiglio a chi crede ancora in questa favola di andare a far visita a una donna dopo qualche ora dal cesareo e capirà.

A cosa porta tutto questo? Al fatto che la donna si sente esclusa da qualcosa che invece sente di dover vivere da protagonista. Nessuno però le ha mai parlato di questo bisogno, nessuno le ha mai detto che lei e solo lei ha un ruolo fondamentale per sentire il bambino che nasce, per guidarlo in questo meraviglioso viaggio che è nascere, cercando i movimenti più adatti per lasciarlo nascere, senza disturbarlo. Reagisce a questo sentirsi messa da parte, e purtroppo l’unico modo che conosce per essere oggigiorno protagonista, è la televisione, essere un personaggio televisivo mentre diventa madre. È proprio di questi giorni la notizia di un parto cesareo in diretta, non come evento scientifico, ma solo per bisogno di sentirsi qualcuno. Non commento il fatto, che spero si commenti da sè, ma mi chiedo come raccontare a una donna che fa una cosa del genere che questo non era quello di cui aveva bisogno veramente, che essere protagonista del proprio parto vuol dire ben altro, che non ha dimostrato né agli altri né a se stessa la propria forza, ma purtroppo soltanto la propria debolezza e la propria incapacità di comprendere cosa veramente voleva. E non dimentichiamo in ultimo che quel bambino non dovrà solo essere fotografato, ma soprattutto dovrà essere educato. A cosa?

a cura di Beatrice Benfenati
fondatrice della “Scuola di Yoga in gravidanza” di ASIA

Per continuare:

Beatrice Benfenati sulla gravidazione alla trasmissione “Doppio femminile”
Presentazione del libro “Dall’epidurale alla meditazione”
Yoga in gravidanza a Bologna
Libro “Dall’epidurale alla meditazione” su https://shop.asia.it/