Traduzione italiana dell’Introduzione del libro di Ohashi Ryosuke, “Die Philosophie der Kyoto-Schule. Texte und Einführung” (Alber, Freiburg i.Br 1990, 552 p.), a cura di ASIA Centro Studi Bologna

 

LA FILOSOFIA DELLA MEDIAZIONE ASSOLUTA DI TANABE

Tanabe succedette alla cattedra, ma non alla filosofia di Nishida. I momenti salienti di tutta la critica rivolta alla filosofia di Nishida provengono a tutt’oggi da Tanabe. La sua critica a Nishida si compie in due fasi. Nella prima fase [1] Tanabe rimane ancora kantiano. Per lui il punto di vista del Nulla assoluto o, per dirla con Nishida, il punto di vista del vedere senza il vedente, conta solo come “intuizione religiosa” che non può assurgere a principio di un sistema filosofico. Tanabe intese il pensiero del luogo in Nishida innanzitutto come una dottrina di emanazione mistica alla maniera di Plotino, in base alla quale l’autocontemplazione dell’uno (die Selbstbeschaung des Einen) emana il contenuto del mondo. Attraverso la contemplazione del Nulla assoluto, così riteneva Tanabe, non può essere spiegata l’irrazionalità del mondo storico. Anzi, la filosofia in quanto filosofia verrebbe compromessa da questo punto di vista mistico-religioso.

Questa prima critica a Nishida fu presto ritrattata dallo stesso Tanabe in quanto ritenuta troppo sommaria. Nella seconda fase, all’incirca dal 1934, quando in una serie di trattati aveva alle spalle il confronto con Hegel [2], Tanabe si presenta in qualità di dialettico. Inoltre, egli trova nella mediazione negativa il nocciolo della dialettica. Pensare filosoficamente per Tanabe non significa altro che comprendere nell’accoglimento-superamento che funge da mediatore (in der vermittelten Aufgehobenheit begreifen) i contrasti e le contraddizioni, che nella realtà di solito si incontrano in forma diretta. Anche la logica filosofica che intende questa realtà, secondo Tanabe, non può a sua volta sussistere direttamente; essa viene mediata tramite la realtà irrazionale in quanto negazione della logica razionale. Per questo la logica filosofica non è mai astratto razionalismo, ma il penetrare all’interno della realtà irrazionale. In essa, niente è lasciato essere nella propria immediatezza; il vero è sempre visto nella negazione dell’immediatezza, nell’accoglimento-superamento che funge da mediatore. Con una espressione tratta dalla “Fenomenologia dello spirito” di Hegel, Tanabe designa la propria logica come dialettica della “mediazione assoluta”.

Tanabe cominciò a concepire la “logica della specie” (Logik der Spezies) in questo periodo. E’ l’inizio della sua filosofia in senso vero e proprio, e con ciò anche di una disputa più radicale con Nishida. Nella logica tradizionale, la specie in quanto particolare (als Besonderes) occupa solo un posto di livello intermedio fra l’universale e il singolo (zwischen dem Allgemeinen und dem Einzelnen). Ma in realtà per Tanabe la specie ha valore in quanto “substrato storico” (das geschichtliche Substrat), così come si realizza in maniera esemplare in un “popolo”; è solo così che il singolo quale soggetto reale che agisce, e lo Stato come il tutto universale che armonizza, possono essere mediati nella struttura del mondo storico.

La “Logica della specie” possiede, così, da un lato un argomento filosofico nei confronti della “logica”, dall’altro un argomento pratico nei confronti della “specie”. Di quest’ultimo si è già fatto menzione in precedenza. Relativamente al primo punto, la logica della specie è in tal modo logica della “mediazione assoluta” in quanto in essa nessuna delle tre categorie, l’universale, il particolare e il singolo, è posta direttamente, bensì si incontrano tutte insieme solo nella mediazione. Il posto della specie, che in via formale e logica ricopre lo stesso significato dell’universale e del singolo, viene con ciò espressamente sottolineato solo per via del suo significato pratico di realtà (wegen ihrer praktischen Wirklichkeitsbedeutung).

A partire da questa logica della specie, Tanabe rimprovera alla filosofia di Nishida di rimanere una logica del Nulla, impotente nei confronti della realtà, nella quale il peso è posto solo sulla specificità del singolo, ma è ignorato il significato della specie. Per Tanabe, il singolo che non è mediato dalla specie, in quanto substrato storico, non è un concreto soggetto che agisce nel mondo reale, bensì un soggetto astratto che solo nella visione “religiosa” viene posto direttamente (nur in der “religioesen” Anschauung unmittelbar gesetzt wird). La nuova critica tocca un punto debole della filosofia di Nishida di quel periodo, e nei fatti Nishida fu costretto a replicare a questa critica e a pensare a suo modo il mondo storico.

La disputa fra Nishida e Tanabe, così come il suo sviluppo, non può essere qui delineata in tutta la sua ampiezza. Una cosa tuttavia va detta, che Tanabe nonostante la critica a Nishida non respinge il “Nulla assoluto”. Egli era solo contrario a concepire il Nulla assoluto come il “luogo del nulla” che comprende il mondo dialettico. Il Nulla assoluto per lui conta solo ed unicamente in quanto effetto della mediazione assoluta. E’ il Nulla assoluto solo nella misura in cui esso nega il proprio essere ed afferma la propria nullità, la qual cosa non è possibile nella modalità del “luogo” ma solo nella modalità dell’attività della negazione permanente (der Taetigkeit der staendigen Verneigung), come il correre sul ghiaccio, per citare il paragone di Tanabe, dove l’arresto della corsa implica subito la caduta. Il Nulla assoluto per Tanabe non è qualcosa che si possa porre in una intuizione (ein in einer Intuition zu Setzendes), che deve avere un “essere” e che si oppone al proprio concetto. Esso può diventare compiuto solo in un agire esistenziale. Detto altrimenti: il senso del Nulla assoluto è per Tanabe nient’altro che la “mediazione assoluta” stessa, poiché solo in questa e in quanto tale si realizza il principio della negatività originaria.

Tanabe integrò e precisò continuamente la logica dialettica della specie, la qual cosa è rilevabile anche nella sua tarda filosofia, segnata da un rilevante cambiamento. La “Filosofia come metanoetica”[3], concepita subito prima della fine della seconda guerra mondiale, per esempio significa da una parte una filosofia della “metanoia”, vale a dire del (post-) pentimento (der (Nach)-Reue), dall’altra la “meta-noesis”, cioè il trascendere ovvero il superare la noetica razionale in genere. Essa è la consapevolezza del crollo della ragione e il filosofare sulla base del fallimento della ragione stessa. A questo proposito la nozione fondamentale di “Tariki” della Scuola Jodo [4] gioca nel buddismo un notevole ruolo. Tariki significa letteralmente “Potenza dell’Altro” (Kraft des Anderen), cioè la potenza del Budda Amida, attraverso il cui infinito amore ovvero grande abbraccio il credente può essere salvato. [5] Tariki pretende da un credente la completa rinuncia al “Jiriki”, vale a dire alla “Potenza del proprio Sé”, presentata in genere come via del buddismo Zen. Non con lo sforzo del pensiero razionale, e neppure con la prematura rinuncia ad esso, bensì tramite il pensiero portato all’estrema radicalizzazione (durch bis aufs Aeusserste radikalisiertes Denken) e il suo fallimento definitivo, dovrebbe essere aperta, secondo Tanabe, la nuova via del pensiero. Analogamente anche la specie viene concepita in modo “metanoetico” a partire dalla mediazione tramite la Potenza dell’Altro.

D’altronde la tarda filosofia di Tanabe non finisce con la metanoetica del Tariki. Nel suo successivo sviluppo, nella forma di una “filosofia della morte”, anche il buddismo Zen come via del Jiriki assume un significato assai rilevante. Inoltre si è ravvisato in essa un avvicinamento al cristianesimo. Grazie a questa filosofia si è riaperto un dialogo fra cristianesimo e buddismo. Questo dialogo nei fatti fu portato avanti dai suoi studenti.[6]

Traduzione a cura di Elia Tosi e Manuela Ritte

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NOTE:

[1]Cfr. Hajime Tanabe, Nishida sensei no oshie wo aogu (La domanda di insegnamento del Prof. Nishida), 1930, ora in: Werke Tanabes, volume 4, pp. 303-328.
[2] Cfr. Hegeru tetsugaku to benshoho (La filosofia di Hegel e la dialettica), ora in: Werke Tanabes, volume 3, pp. 73-369.
[3] Zangedo toshiteno tetsugaku, 1946, ora in: Werke Tanabes, volume 9, pp. 1-269. Versione inglese: Philosophy as Metanoetics, translated by Takeuki Yoshinori, California 1986.
[4] Cfr. nota 2 dell’introduzione a Hisamatsu.
[5] Cfr. in merito Yoshinori Takeuchi, Die Bedeutung der “anderen Kraft” im buddistischen Heilpfad, in: Erloesung in Christentum und Buddismus, Moedling 1982, pp. 175-193.
[6] In questo contesto va citato Kazuo Muto (1912) ex detentore della cattedra di Cristologia all’Università di Kyoto, i cui lavori storico religiosi non furono condotti nella direzione della filosofia del Nulla assoluto, ma come cristiano tiene sempre seriamente in considerazione il pensiero di Tanabe.