La donna deve essere sola nel travaglio e nel parto oppure è meglio che qualcuno le sia vicino? Per tentare di rispondere a questa domanda dobbiamo sapere che, una delle condizioni primarie perché il parto vada bene, è che la donna si trovi nel posto che lei ritiene più adatto per dare alla luce il suo bambino. Per questo è molto importante che si interroghi, durante la gravidanza, su quale sia il posto che la rassicura maggiormente. Dovrebbe poter visitare ospedali dove si rispetta la nascita e non si privilegia il parto medicalizzato, e allo stesso tempo dovrebbe avere la possibilità di confrontarsi con donne che hanno partorito a casa e farsi raccontare la loro esperienza.
A seguito di tutto ciò potrà scegliere il luogo che le ispira maggiore sicurezza e che la farà sentire maggiormente a proprio agio. Se vi dovesse essere discordanza tra la scelta della donna e il desiderio del compagno o della famiglia, sicuramente va rispettata la scelta della donna.
Donna nel travaglio e nel partoÈ altresì importante che la futura madre possa interrogarsi sul fatto di vivere questa esperienza con qualcuno vicino a lei oppure in solitudine.
Un tempo la presenza del padre al momento del parto era qualcosa di impossibile; al limite era tollerato fuori dalla porta e informato sull’andamento o sulla conclusione dell’evento. Da questa esclusione si è passati quasi a un obbligo di partecipare tanto che se una coppia non sceglie di vivere insieme questo momento rischia di doversi giustificare.
Frédérick Leboyer ribadisce che il parto è un rito e che se la donna si sente osservata il rito viene interrotto e ci potrebbero essere dei problemi. Anche in questo caso ritengo importante che l’ultima parola spetti proprio a lei. Potrebbe aver bisogno di una presenza vicina oppure soltanto sapere che qualcuno è lì disponibile ad aiutarla, ma sa restare in disparte e avvicinarsi solo se lei lo richiederà. Questo richiede una grande maturità da parte di questa persona: esserci con tutta l’attenzione e la disponibilità di cui si è capaci intervenendo solo su richiesta della donna, vuol dire avere colto l’importanza e l’aiuto che può dare una presenza di qualità.

È dunque inutile la presenza di un’altra persona? Assolutamente no, se questa persona è in grado di comprendere e rispettare i bisogni della donna che partorisce e del bambino che nasce.
Sicuramente è molto importante che chi è presente eviti che la partoriente venga distratta da visite o da telefonate. Dovrebbe cercare di creare e mantenere un ambiente raccolto, con poca luce, silenzio. Il silenzio esterno crea le condizioni per il silenzio interiore al quale la futura mamma è stata educata nei mesi di pratica di yoga. Questa stessa persona dovrebbe essere disponibile, ma mai invadente. Abituato culturalmente a decidere, a dirigere, ora l’uomo deve semplicemente essere lì. Così semplice e così difficile! L’abbandono di quell’immagine, così inadeguata ora davanti al mistero della nascita, è il prezzo richiesto per accedere al rito.
Nel caso di parto in ospedale sarebbe importante che qualunque richiesta da fare al personale non venisse fatta dalla donna, ma bensì dalla persona che l’accompagna.
Se questa persona riesce ad evitare che la partoriente venga distratta, avrà creato le condizioni perchè quest’ultima possa mantenere il suo raccoglimento.
Nel travaglio avanzato inoltre la donna potrebbe sentire il bisogno di prendere alcune posizioni, ma che trovi difficile assumerle per stanchezza o altro. In questo caso chi è presente può aiutarla e sostenerla secondo la necessità. Vi sono tantissimi modi per sostenere una donna in travaglio, ma sarebbe auspicabile che queste posizioni venissero sperimentate in gravidanza durante appositi incontri dedicati a questo tema, sotto la guida di una persona esperta.
Resta comunque il fatto che la donna, finché non è lei a chiedere un sostegno, va lasciata sola a viversi il suo rito da cui uscirà trasformata in madre.

Non è niente,
no, non è niente.
È così semplice.
Così semplice, ma così grande.
Basta restare calma e tranquilla.
E sola con se stessa.
Sola,
si, perché tutto quello che accade fuori,
un movimento brusco, il rumore che fa la gente,
tutto disturba, tutto ferisce.
Tutto ferisce tanto si è diventate sensibili.
È un momento di completa solitudine.
Ma non si è abbandonate, oh no.
In questa tranquillità, al contrario,
in questa pace, questo silenzio,
si avverte tutto quello che viene dal bambino.
E da quel piccolo essere
arriva tanto amore e tanta forza
che non si ha più il minimo timore.
Ci si trova con lui
in un cerchio magico
dove più niente può succedervi,
raggiungervi.
Là regna una tale sicurezza,
una così grande pace.
Come è possibile avere ancora paura?
Non resta
che rimanere là,
nella gioia.
E aspettare.

Montreal
(da una donna di una certa età che mi ha raccontato le sue esperienze di parto ed era raggiante di bontà)
Frédérick Leboyer, da Diario di una nascita Fabbri Editori, Milano 1996, pp 283,284