Ne abbiamo avuto l’esperienza ma ci è sfuggito il significato
E avvicinarci al significato ci restituisce l’esperienza
In una forma differente, al di là di ogni significato.
(T.E. Eliott, da Quattro Quartetti)

 

Phi.mind 16. Le nuove idee di Francisco Varela su mente e qualia: co-emergenza e crolli del riconoscimento

Un tentativo recente di studiare con rigore scientifico la dimensione dell’esperienza ‘senziente’ nasce da un’idea rivoluzionaria di Francisco Varela, biologo cileno prematuramente scomparso nel 2001 che ha condotto le sue ricerche in USA, Cile e dagli anni Ottanta a Parigi. Varela ha denominato questo nuovo approccio Neurofenomenologia1. Si tratta di una vera e propria disciplina che ha raccolto l’interesse di uno stimolante gruppo di fenomenologi atipici (Nathalie Depratz, Shaun Gallagher, Dan Zahavi, Pierre Vermersh, Michel Bitbol, Evan Thompson, Alva Noe, Claire Petitmengin, Jonathan Shear tra gli altri) integrando lo studio di Husserl con tecniche meditative, le neuroscienze e la psicologia esistenziale. Un pensiero originale e articolato, di cui tratteggiamo di seguito pochi elementi essenziali che riguardano il nostro tema.

Francisco Varela ha proposto un approccio completamente diverso al “problema difficile” dei qualia, sia dal punto di vista teorico che – come vedremo prossimamente – metodologico.

Come biologo, non ha mai disgiunto il problema dei qualia dalla concretezza dell’organismo vivente: la coscienza, e la sua capacità di vivere stati qualitativi, va indagata a partire dalla dimensione che Varela ha chiamato “radical embodiment”, un radicale esser-situati nel corpo e nelle relazioni con l’ambiente. Il corpo vivente è mente, è l’ambito delle sensazioni sentite e agite che ci portano a edificare e riconoscere mondi e identità. Quindi ‘la mente non è nella testa’, ma è co-prodotta da ogni interazione tra il sentire e l’agire dell’organismo e tra l’insieme dell’organismo e il mondo. La mente si trova decentrata e distribuita nel “non-luogo della co-determinazione di interno ed esterno” 2.

La nuova idea introdotta da Varela mantiene una dimensione scientifica forte, in terza persona. E nel contempo spiazza lo scienziato classico, perché sostiene che la mente cosciente non esista di per sé e quindi non sia ‘qualcosa’ che possiamo isolare per studiarla, ma che viva solo nell’insieme delle relazioni ecologiche e senso-motorie esperite. Se togliamo l’esperienza del movimento e del sentire ovvero del rapporto con il mondo… non troviamo più ‘mente’. Non c’è una ‘cosa’ generata dall’evoluzione di vita/corpo in un ambiente; piuttosto la mente cosciente co-emerge dai cicli di relazioni continue tra cervello e corpo in movimento, tra corpo e ambiente. Una determinazione circolare e reciproca, ‘generativa’ perchè fa sorgere mente e identità come una proiezione di una realtà interna ed esterna. Neppure vi è qualcosa di reale e sostanziale nell’identità ‘io’ che sembra così concreta: se lo vado ad indagare, questo ‘io’ si disperde, lasciando in primo piano la sola esperienza, la capacità di accogliere qualia.

In conseguenza di questa non-natura co-prodotta ed emergente della mente, secondo Varela, non si dovrebbe né tentare di assorbire la sfera soggettiva in un dominio oggettivo preventivamente definito (che ci farebbe cadere nel materialismo, un mondo reale in cui l’ ‘io’ si trova contenuto), né dare al soggettivo alcuna supremazia sull’oggettivo (il che sarebbe una caduta nell’estremo idealista dell’ ‘io’ che proietta un mondo)3.

E per quanto riguarda la capacità di sentire i qualia, proprio nell’ultimo periodo della sua vita Varela si è concentrato sul problema della ‘senzienza’ – e non sui qualia-contenuti -, cercando di superare il gap esplicativo tra esperienza e corpo. La senzienza è l’insieme delle tonalità affettive intrecciate al nostro corpo e che accompagnano ogni atto cognitivo. Essa è originaria e “generativa della coscienza stessa”4. Il sentire, l’affezione, ‘l’effetto che fa’, sono dinamiche primordiali e pre-riflessive, cioè precedenti al fatto che io ne sia consapevole. Anzi, nel sentire vivente è radicato il movimento di co-emergenza che abbiamo appena descritto, il dispiegarsi contemporaneo di quell’ ‘io’ (qui) presente (ora) – polo soggettivo – e del mondo (là, su, giù, prima, dopo) – polo oggettivo.

Quando si rende evidente questa senzienza primordiale? Il nucleo del sentire è costituito da momenti di crollo della riconoscibilità: istanti di discontinuità totale che Varela chiama breakdowns. In questi ‘crolli cognitivi’ vige una completa sconosciutezza – si dissolvono i micro-mondi riconoscibili e le micro-identità usuali – e restiamo sospesi, sgomenti. Possono durare anche solo per un istante, ma in essi tutte le possibilità si aprono. Poi sorgono in tempi rapidissimi nuovi micro-mondi: attraverso cicli senso/motori vissuti, attraverso azioni e altre interrogazioni che rivolgiamo alla realtà, tornano riconoscibili il mondo e noi stessi. In pochi istanti si installa una nuova conoscenza dell’ambiente.

Il sistema biologico resiste a queste perturbazioni, alle rotture della trama di riconoscibilità – si può interpretare in questo senso lo stato basilare di tensione e vigilanza nel corpo degli animali – e cerca sempre di stabilizzare i significati del suo mondo e la sua identità emergente. Ma la perturbazione è intrinseca e auto-generata dallo stesso sistema vivente: la senzienza originaria, attraverso i breakdowns, permette di compensare e adattare le proprie risposte generando nuovi mondi, con significati ed identità più adeguate. Il sentire diventa allora il ponte che Varela cerca di lanciare tra il processo fisico distribuito che siamo (non ‘il corpo’ o ‘il cervello’) e le nostre dinamiche di formazione di mondi interiori ed esteriori (non ‘mente’ o ‘coscienza’) 5.

In definitiva, cosa è questa perturbazione ‘intrinseca’? Cosa ci spinge a costruire mondi?

Varela affronta questa domanda in modo radicale:

“Gli organismi sono sempre sospinti dalla mancanza di significato che nasce dall’affermare la loro presenza”6. “Questa mancanza costitutiva di significazione deve essere colmata facendo fronte alle incessanti perturbazioni e breakdowns del flusso di vita percetto-motoria. La cognizione è azione riguardo a ciò che manca”7.

Possiamo accostare la senzienza originaria che si manifesta nei breakdowns a quel sentire significativo di cui abbiamo accennato in phi.mind 13, del quale Varela ci fa intravedere le radici: la intrinseca significatività del sentire deriva proprio dalla originaria mancanza di significato della nostra semplice presenza.

Se questo vi sembra troppo astruso, una conoscenza della filosofia buddhista di cui Francisco Varela era praticante e studioso può forse aiutare. Se invece vi pare un approccio troppo scientifico/naturalistico, ricordate che è legato a una visione fortemente vissuta e sentita: per Francisco Varela l’in-corpamento (embodiment) della mente non è riduzionismo biologico ma ha il carattere di una fenomenologia descrittiva e vivente8.

Prima di passare alla pratica e ai metodi, ci dedicheremo ancora un poco a capire perché la specialissima impostazione che la Neurofenomenologia fa del problema della mente e del sentire i qualia è per chi scrive l’unica vera novità nel capo degli studi sulla coscienza. Facendoci aiutare dalle riflessioni di un’altra figura contemporanea di filosofo e scienziato sempre più ascoltata: Michel Bitbol.

 

Riferimenti bibliografici

1 Varela F.J. (1996), Neurofenomenologia, “Pluriverso” anno II, n. 3/1997, pp. 16-39.

2 Varela F. J. (2000), Quattro pilastri per il futuro della scienza cognitiva, Pluriverso, 2, 2000.

3 Varela F.J., Thompson E., Rosch E. (1991), La via di mezzo della conoscenza. Le scienze cognitive alla prova dell’esperienza, Feltrinelli, Milano 1992.

4 Varela F.J., Depratz N. (2000), At the source of time: valence and the constitutional dynamics of affect, in Ipseity and Alterity, Arob@se: an electronic journal.

5 Rudrauf D., Lutz A., Cosmelli D., Lachaux J.-P., Le Van Quyen M., (2003), From autopoiesis to neurophenomenology: Francisco’s Varela exploration of the biophysics of being, Biol. Res. 36, pp. 27-65.

6 Rudrauf et al., p. 42.

7 Varela F.J. (1992), Un know-how per l’etica, Laterza, Roma-Bari, p. 67.

8 Rudrauf et al., p.30.

 

Prossime letture:

 

Precedenti uscite: